Chi ha partecipato al Social Festival lo scorso no-
vembre ha avuto modo di sperimentare diretta-
mente queste pratiche nel laboratorio condotto da
Vacis nel pomeriggio d’apertura. In quest’intervi-
sta, svoltasi per paradosso in una trattoria torinese
piena di rumori e distrazioni, gli abbiamo chiesto
di illustrarci il suo pensiero.
IL TEATRO OLTRE IL TEATRO
Il progetto del vostro Istituto è applicare
le tecniche del teatro alla cura della per-
sona. Ci puoi illustrare il nesso tra teatro
e cura?
Tutta la storia del teatro del ʼ900 tende a compren-
dere le possibilità di applicazione del teatro oltre il
teatro. I grandi maestri del ʼ900 – da Stanislavjki a
È tempo di applicare
le tecniche del teatro
alla cura della persona.
Mettendo a valore il
sapere nel ʼ900.
V
iviamo nel tempo della
distrazione, più connessi
nel virtuale che in contat-
to col reale. Soffriamo della man-
canza di tempo e ci sentiamo in
dovere di correre ancora più in
fretta. Rischiamo di scivolare
sulle cose senza farne esperienza,
in organizzazioni che propongo-
no sempre nuove urgenze.
C’è ormai un’ampia letteratu-
ra che documenta la condizio-
ne dell’uomo contemporaneo,
sempre più in balia del mondo
là fuori, sempre meno in contat-
to con sé, gli altri, le cose. Una
condizione insostenibile per l’o-
peratore sociale, per definizione
colui o colei che è chiamato/a
ad abitare con consapevolezza
le situazioni, se vuole sperare di
aiutarle a evolvere.
Allora oggi, prima di qualun-
que formazione tecnica, c’è una
formazione alla “presenza” che
va curata: presenza intesa come
capacità di stare con attenzione
nello spazio-tempo in cui siamo.
E nel capire come ritrovare pre-
senza il teatro, con sue pratiche e
le sue tecniche, ha oggi tanto da
insegnare. Anche al lavoro socia-
le, educativo, di cura.
Un attore, spiega infatti Gabriele
Vacis, tra i più grandi registi di
teatro contemporanei, che su
questi aspetti ragiona da tempo
al punto da aver fondato (con
Roberto Tarasco e Barbara
Bonriposi) l’Istituto di pratiche
teatrali per la cura della persona,
«ha prima di tutto necessità di es-
sere presente a se stesso».