basta assicurargli teoricamente le libertà
politiche, ma bisogna metterlo in condi-
zione di potersene praticamente servire».
Insomma, le libertà civili e politiche,
per essere godute, hanno bisogno delle
libertà sociali. Solo facendosi sociale la
democrazia formale può trasformarsi in
democrazia sostanziale. Questo è il punto.
Felice Addario
È la stessa linea di Thomas Marshall,
in difficoltà, di nutrirsi in modo sano, ma
importante anche perché in quello spazio
fuori dall’aula noi ci possiamo incontrare,
mangiamo le stesse cose, viviamo le stesse
esperienze, ci sentiamo più vicini. Per cui
i diritti sociali lo sono in un doppio senso:
perché offrono condizioni basilari per vi-
vere – avere una casa, l’accesso alle cure
quando si sta male, la scuola per istruir-
si... – e perché costruiscono condizioni di
vita in comune che permettono di sentire
quella ragazza offesa e indifesa
sociologo, maestro negli studi sul welfare
state. Anche lui, negli anni dopo la seconda
guerra, sostenne che per essere pienamen-
te cittadini non basta avere i diritti civili
e neppure i diritti politici; bisogna avere
anche i diritti sociali che sono quelli che
«abilitano» a esercitare anche gli altri.
Chiara Saraceno ha ripreso queste te-
matiche in un bell’articolo su Animazione
Sociale (Perché il welfare è un bene comune,
289, 2015). I diritti sociali sono diritti abi-
litanti la libertà perché – lei dice – se non
ho ricevuto un’istruzione adeguata come
posso esercitare la libertà civile di pensiero
o il diritto politico di voto? Se sono troppo
preso dal problema di capire come dar da
mangiare ai miei figli, come posso essere
libero di vivere la mia vita?
Quello che vorrei aggiungere è che i
diritti sociali non sono solo un sostegno
alla libertà dei singoli, ma alla tenuta di
una società. Prendiamo il caso del servi-
zio mensa di cui parlava Eleonora: è un
diritto importante perché permette a tutti i
bambini, specie se provenienti da famiglie
il legame con l’altro e riconoscerci parte di
un noi più grande.
Discutere di diritti oggi sembra
diventato noioso. È un lessico del
’900, che non appassiona più.
Come rimetterlo in gioco?
Eleonora Artesio
Il problema è che oggi, per ricostruire
un alfabeto comune, ci vuole moltissimo
coraggio. Perché siamo annichiliti dalla
potenza delle parole usate con senso di-
storto, urlate pubblicamente per strada e
sui social. Si fa fatica a reagire.
L’esempio terribile è quello accaduto di
recente a Torino: l’uomo che sul pullman
prende a calci la studentessa di colore in-
sultandola con le solite frasi «torna a casa
tua, cosa fai qui, è inutile che tu vada a
scuola, tanto finirai sulla strada». E il resto
dei passeggeri in silenzio di fronte a quella
violenza.
In questa scena io vedo tanti soggetti:
quest’uomo, sulla sessantina, probabil-