Ma quando il gioco si fa difficile è estremamente
impegnativo ammettere che nella posizione dell’al-
tro ci sia una buona ragione e allora l’indifferenza
arriva come una sospensione di una risonanza che
oltre un certo livello diventa insopportabile.
Se non ci chiediamo quali sono le «condizioni» di
questa insopportabilità, diventa facile denunciare
l’indifferenza e dire che dobbiamo essere capaci di
accogliere le differenze, ma è un’affermazione ver-
bale, per certi aspetti verbosa, così come è verboso
predicare la condivisione a ogni costo, se non ci
chiediamo quali sono le condizioni interne a ognu-
no di noi ed esterne nelle relazioni che viviamo.
E così, dentro un contesto diventato planetario,
quanta condivisione possiamo permetterci, quanta
condivisione possiamo realizzare e cosa intendiamo
per condivisione? La parola, peraltro, è difficile per-
ché ha dentro sia il cum dell’insieme sia il dividere.
Il conflitto è il contrario
della condivisione?
Ebbene, la condivisione si connette certamente
alla parola conflitto. Che cosa intendiamo per con-
flitto se consideriamo il significato di questa parola
e perché è opportuno connettere la condivisione al
conflitto? Per conflitto intendo l’incontro tra diffe-
renze di individuazione, di conoscenze, di interessi,
di culture (4) , cioè le situazioni nelle quali abbiamo
la posizione uno e la posizione due che, se trovano
almeno un punto in comune, possono dar origine
alla posizione tre che probabilmente è più vantag-
giosa della posizione uno e due e che è sub−ottima
rispetto a uno e due.
Giungere a questo è spesso complicato. Un uso
efficace di questa parola lo fa un grande poeta e
scienziato, uno dei più grandi della storia, Tito
Lucrezio Caro, nel De rerum natura. L’immagine
che Lucrezio usa è straordinariamente efficace.
Analizza le modalità con cui un seme messo a di-
mora nella terra, combinandosi con la capacità bio-
chimica della terra di corrodere la membrana del
seme, dà vita alla nascita di una pianta. La condizio-
ne del tre, la nascita della pianta,
è la fusione di uno e di due, cioè
del seme e della terra; qualcosa
muore e qualcosa nasce. Il con-
fliggere è la condizione dell’in-
contro tra differenze che danno
vita a una possibilità che nasce
dall’incontro.
Tuttavia, la dinamica evoluti-
va di ogni incontro può andare
nella direzione della nascita della
pianta o può sfociare nell’antago-
nismo. Quando incontriamo una
differenza possiamo attivare un
gioco contro l’altro, ed è la guer-
ra, oppure la situazione può sfo-
ciare nell’indifferenza.
Nel momento in cui sfocia in
un processo generativo si realizza
un processo cooperativo. Tra con-
flitto e cooperazione o tra con-
flitto e condivisione, allora, non
c’è la logica del contrario, ma c’è
una forte affinità; non c’è conflitto
senza condivisione se quel con-
flitto non vuole diventare guerra
e non c’è condivisione senza con-
flitto se i due o i tre o i molti non
vogliono annullarsi l’uno nell’al-
tro, ma mantenere un’autonomia
4 / Morelli U., Il conflitto generativo,
Città Nuova, Roma 2013.