My first Magazine Animazione Sociale | Page 22

Si potrebbe sostenere che quelle riflessioni hanno una caratteristica tolemaica, in quanto as- sumono la centralità del soggetto e non della rela- zione nell’individuazione e nell’esperienza umana. Ma quale rilevanza avrebbe oggi un dibattito che assumesse il modello tolemaico come base di com- prensione del sistema solare? L’empatia è un regolatore della nostra intersog- gettività e socialità, pertanto sostiene ogni forma di approssimazione e di individuazione di ognuno di noi. Se è stato un paradosso concepire un io senza un noi, l’empatia è costitutiva della nostra esistenza come lo sono gli organi vitali. La mente e le sue fenomenologie sono espressione del nostro corpo e del nostro cervello e, in particolare, del nostro sistema senso−motorio. L’empatia nelle sue manifestazioni mostra affi- nità rilevanti con l’estetica intesa secondo Gregory Bateson, come sensibilità alle relazioni, e come tale riguarda il rischio primario che è insito in ogni rela- zione. La relazione, infatti, può essere intesa come quella situazione che non sai mai come va a finire. Allora è importante prendere le distanze da affer- mazioni che sostengono che l’empatia rafforzerebbe le forme altruistiche e cooperative dell’interazione sociale. Anche la più cruenta forma di esclusione o di tortura dell’altro implica la necessità di sentire e sapere che cosa può offenderlo o fargli del male. Il supporto di una famiglia di parole Questi temi sono stati approfonditi in modo ini- mitabile da Gregory Bateson, che aveva messo a punto il costrutto del «mordicchiare» per indicare le dinamiche ambigue che caratterizzano ogni relazio- ne. Come avviene per due delfini che, al massimo grado dell’inte- razione, sperimentano la dispo- sizione di uno a esporre la parte più delicata del proprio corpo (il collo e la vena giugulare) alla bocca dell’altro che lo mordicchia e che se solo serrasse un poco di più i denti potrebbe ucciderlo, alla stessa maniera noi esseri umani ci approssimiamo all’al- tro, ma fino a un certo punto. La distanza necessaria diviene così parte integrante della relazione e condizione della sua qualità e della sua durata. Sembra dunque necessario cercare di uscire dalla confusio- ne che spesso riporta l’empatia ai meccanismi involontari di imita- zione e contagio emotivo, o alla cosiddetta capacità di «leggere la mente dell’altro». L’empatia non sta solo alla base della nostra capacità di sof- frire per un altro, ma è parte della disposizione a sentire quel che l’altro sente in quel momento. Sta alla base del mobbing nell’organiz- zazione del lavoro, perché esclu- dere qualcuno vuol dire avere un sentire abbastanza approfondito di ciò che gli fa male. Tutto ciò non fa che sottende- re una domanda, «la domanda», a cui non possiamo sottrarci cer- cando sotterfugi moralistici: cosa ci resta della parola condivisione? Avendo complicato il ragio- namento in questo modo, adesso abbiamo bisogno di fare qualche passo avanti per uscirne, senza pretese di soluzioni definitive.