non sopravvivrebbe al freddo, e quindi deve al-
meno farlo con un altro, devono essere almeno
in due.
Si intuisce qual è la questione della condivi-
sione, in quanto essendo fatto come è fatto, con
gli aculei, ogni porcospino si avvicinerà all’al-
tro quanto basta per farsi caldo, ma non più di
così perché, se si avvicinasse un po’ di più, si
pungerebbero. Anche in circostanze in cui le
cose andranno bene è verosimile immaginare
qualche puntura.
Lo spazio o il margine della condivisione co-
mincia a non essere più così corrispondente al
dichiarato e all’auspicabile, così generabile me-
diante un’invocazione morale che lo renderebbe
preferibile e praticabile, ma solleva il problema
delle «condizioni» per realizzarsi e, più da vici-
no, del «con chi» condividere; pone domande
su quanta differenza riusciamo a contenere e con
quali differenze riusciamo a esprimere condivisione,
perché viviamo un tempo in cui questo è un
Quanta differenza
riusciamo a contenere
e con quali differenze
riusciamo a esprimere
condivisione, in un
tempo in cui questo
è un problema che
si presenta con una
portata del tutto nuova?
problema che si presenta sotto una luce e con
una portata del tutto nuove.
Le differenze, infatti, non sono sempre tali
da trovarci disposti a condividerle. Sollecitano
spesso emozioni primordiali,
emozioni arcaiche, di base che,
più che ispirare condivisione,
ispirano resistenze, difese, rifiu-
ti, negazioni. La questione non
può essere affrontata così sem-
plicemente perché, quando una
differenza sollecita la capacità
di contenerla oltre la nostra di-
sposizione a farlo, scatta qualco-
sa di diverso dalla condivisione.
Non solo scattano le negazioni,
le resistenze, le difese, ma spesso
scatta il piacere della negazione.
Vi è un piacere della guerra, vi è
un piacere dell’esclusione, vi è un
cinismo della negazione con cui
fare i conti.
Ogni cosa
è umana
Perché l’indifferenza, perché il
conformismo, perché l’esclusio-
ne, la negazione? Sono fenomeni
umani. Dobbiamo chiamare in
campo quel che stiamo cercando
di capire studiando l’esperienza
estetica di noi esseri umani, cioè
non tanto l’esperienza che riguar-
da la parte esteriore delle cose −
che chiameremo «cosmetica» −
ma quella che ci lega agli altri e
al mondo, la struttura di legame
che ci lega agli altri attraverso le
manifestazioni più elevate della