Oltre la patina
moralistica
Di sé, più che degli altri,
non ci si libera mai
(Letizia Pezzali, 2018)
S
embra sia stata la «svolta linguistica» a
mandare in crisi la corrispondenza tra
le parole e le cose. A un certo momento,
collocabile tra la fine del diciannovesimo e l’inizio
del ventesimo secolo, la macchina della certezza
del pensiero è andata in crisi, con le conseguenze
dissolutive note.
Si è prodotta anche da lì una nuova solitudine.
Abbiamo scoperto che diciamo sempre quasi la
stessa cosa, noi animali di parole, e non smettiamo
di restare almeno in parte soli mentre continuiamo
a cercare di approssimarci, a tentare forme diverse
di condivisione.
Condivisione: parola che da un punto di vista
morale si carica di significati positivi, mentre fa
i conti con il massimo dell’unicità indivisibile che
quella comunanza dovrebbe esprimere: l’in-dividuo,
l’indivisibile, appunto.
Dovremmo riconoscerci «dividui» portatori di
«diventità», come da diverse fonti di ricerca pare
sempre più sostenibile. E approfondire la contrad-
dizione tra individualità e condivisione. Ossia, cer-
care di comprendere il rapporto tra intersoggetti-
vità e indifferenza, tra conflitto e cooperazione, tra
ospitalità e ostilità, tra conformismo e innovazione.
Come ci suggerisce un grande scrittore: «C’è stato
un tempo in cui credevamo di saperlo. Credevamo
che quando il testo diceva: "Sul tavolo c’era un bic-
chiere d’acqua", ci fosse davvero un tavolo e sopra
il tavolo un bicchiere d’acqua, e ci bastava guardare
nello specchio di parole del testo per vederli. Ma
tutto questo è finito. Lo specchio di parole s’è in-
franto irreparabilmente, a quanto pare» (1) .
Abbiamo bisogno di un esame
realistico per interrogarci su cosa
significano le parole, su che carat-
teristiche assumono nella nostra
esperienza, perché spesso queste
parole hanno una connotazione
Quando diciamo
condivisione
il primo problema
che dobbiamo
affrontare è
cercare di liberarci
dalla patina
moralistica con cui
questa parola
si utilizza.
che richiama le situazioni in cui,
in tarda primavera, camminan-
do nei prati, capita di incontrare
le pelli di muta abbandonate dei
serpenti. I serpenti che cambia-
no pelle, si sfilano da dentro la
vecchia pelle rinsecchita e la
rilasciano sui prati: camminan-
do si può rimanere spaventati e
sorpresi da quel che sembra un
serpente ma non lo è più; è solo
un guscio rinsecchito.
1 / Coetzee J. M., Elizabeth Costello,
Einaudi, Torino 2005, p. 59.