autori, insieme, dell’accadimento. Questo insieme è
l’ambiente. Le tecniche del teatro creano e si pren-
dono cura di queste condizioni, di questo contesto.
E oggi c’è un gran bisogno di creare queste condi-
zioni, di istituire questi luoghi...
LA LEZIONE DEI DERVISCI TOURNEUR
Luoghi – dici – in cui abbassare il
volume, in cui comunicare ascoltando
chi ti ascolta e creare insieme a lui
azioni condivise. Mi sembra un’ottima
sintesi di quello che dovrebbe accadere
nei luoghi dell’aiuto, della cura,
dell’educazione, della formazione.
Oggi tutto tende al rumore. Anche a scuola,
anche negli oratori. Dove sono i luoghi in cui ascolti,
in cui stai consapevolmente con gli altri? Per me
ormai questo è il problema sociale.
Prendiamo la scuola. Non so se avete visto il film
di Cantet, La classe. Il regista è stato per un anno
scolastico con questa classe e lo racconta. Il film
termina con il professore che, nell’ultima lezione
prima delle vacanze, chiede agli studenti: «Cos’avete
imparato?». Una ragazzina, che è sempre stata in
disparte, gli dice: «Io non ho imparato niente».
«Come? Non è possibile... tu hai imparato quanto i
tuoi compagni». «Sì, ma io non capisco». «Non capi-
sci che cosa?». «Non capisco che ci facciamo qui...».
Guarda che questa è la domanda, veramente. La do-
manda che troppo spesso, nell’ansia di rispettare il
programma, viene zittita.
Adesso sembra che il dibattito sia se aggiungere
o no un anno all’obbligo scolastico per insegnare
il secondo ʼ900. Cioè i principali
intellettuali di questo Paese di-
scutono se allungando la scuola si
riuscirà a studiare Pasolini oltre
a Leopardi. Per carità, Pasolini
è importante, ma non mi pare
questo il problema della scuola.
Il problema è che ci sia qualcu-
no che ti ascolta mentre ti parla:
nello stesso tempo. Questa do-
vrebbe essere per gli insegnanti
la materia di insegnamento. La
prima. E dopo i programmi.
I programmi... Io insegno alla
Cattolica, le conosco quelle facce.
Guardo in aula gli studenti e dico
«perché siete qui? Perché siamo
qui?». Io cerco di ascoltarli men-
tre sto parlando. E mi sforzo di
capire a cosa gli può essere utile
il fatto che siamo insieme lì in
quell’ora. Dove devo andare?
In che direzione? Di che cosa
hanno bisogno? E non smetto di
ascoltarli, perché un attimo dopo,
anche in relazione a quello che
ho appena detto, cambia quello
di cui hanno bisogno.
Questo è un esercizio impor-
tante. Questo è quello che biso-
gnerebbe insegnare a scuola.
L’insegnare, così come l’edu-
care o l’aiutare, sono continua-
mente presenza. È continua-
mente essere presenti. Sai i der-
visci tourneur, i dervisci rotanti,
quando entrano in scena cosa si
augurano? Quando gli attori ita-
liani entrano in scena si dicono
Sai cosa si dicono i
dervisci rotanti prima di
entrare in scena?
“Sii presente a te stesso”.