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I BIG DATA
MuSST
1.3 LE FONTI PER LA PROGETTAZIONE STRATEGICA
I dati aperti (Open data), per essere utilizzati e ridistribuiti, devono
essere indicizzati dai motori di ricerca, disponibili in un formato aperto,
standardizzati e rilasciati attraverso licenze libere.
Si parla di Big data quando si ha un archivio talmente vasto da
richiedere strumenti non convenzionali per estrapolare, gestire e
processare informazioni entro tempi ragionevoli.
I dati provenienti dai social, le carte di credito, la tracciabilità nei nostri
spostamenti sono solo alcuni possibili esempi. A questo si aggiungono
aspetti più reputazionali, intrinsecamente connessi alle esperienze e alle
opinioni degli utenti, che sempre più spesso passano attraverso il web
ma che ancora fatichiamo a tradurre in dati univoci e “certificati”.
Nonostante questi limiti evidenti, i Big data sono un’inesauribile fonte di
informazioni utili anche ad analizzare la domanda culturale.
Misurare il sistema produttivo dell’industria culturale e creativa
significa stabilire il perimetro economico all’interno del quale operano
attraverso una griglia codificata a livello internazionale che comprende:
• patrimonio storico artistico e performing arts,
• le industrie culturali (film, video, radio-tv, videogiochi e software,
musica, libri, stampa ed editoria)
• le industrie creative (architettura, comunicazione e branding e design).
A queste attività core si aggiungono attività creative driven, nelle quali si
può cogliere una dimensione dell’attività culturale degli operatori.
Il valore del sistema produttivo culturale e creativo è di 89,9 mld di
euro (6% del PIL), ma arriva oltre il 16% se si considerano i suoi effetti
moltiplicativi sull’economia. L’ambito delle industrie culturali e creative
potenzia il livello di utilizzazione delle strutture turistiche e della spesa
turistica, innestandosi sia nei grandi centri urbani ma anche sui centri
medio-grandi, con un’importante ricaduta in termini occupazionali. Il
sistema delle industrie culturali e creative dimostra, inoltre, grandi capacità
di risposta, in termini occupazionali, ai fenomeni recessivi, sia nel riuscire
ad assorbire capitale umano formatosi nel settore culturale sia nel
garantire un basso tasso di sostituibilità uomo-macchina rispetto ad altri
ambiti economici.
Gli strumenti di osservazione macro descrivono la situazione a livello
nazionale; a questi si aggiungono strumenti per un livello di descrizione
meso (dati aggregati per regioni, province o comuni) già utili per guidare
un processo decisionale. Esiste poi un livello dati micro, georeferenziati su
mappa che, tra i vari aspetti, suggeriscono anche che un’informazione è lì
dove l’offerta si colloca, rispetto alla sua dimensione più prossima.
L’ANALISI
TERRITORIALE
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Come per tanti altri settori, anche nell’ambito del patrimonio culturale la
questione della localizzazione e la necessità di analizzare aspetti relativi ai
grandi attrattori sono rilevanti nell’ottica di misurarne gli impatti.
Una fonte imprescindibile per fotografare il tessuto produttivo di un
territorio è il registro delle imprese. Aggiornato con cadenza mensile,
fornisce indicazioni indispensabili per comprendere il territorio di azione
e alcune sue fondamentali dimensioni: il contesto territoriale e sociale, i
trend e le vocazioni degli operatori di altri settori trainanti, dati sui flussi
turistici e sulle disponibilità infrastrutturali, di collegamento e accessibilità.
Approfondimenti
Io sono cultura - 2018, realizzato da Unioncamere e Fondazione Symbola
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