blicare fumetti politici.
Ci furono una serie di eventi
che ci convinsero a cominciare
una rivista politica: i tumulti in
seguito all’assassinio del politi-
co gay Harvey Milk, detti White
Night Riots , l’incidente alla
centrale nucleare sulla Three
Mile Island e il posizionamento
di armi nucleari statunitensi in
Europa. Ma il più significativo
fu la crisi degli ostaggi in Iran
o più precisamente la reazione
americana a quella crisi. Per
dire: entravo nel supermerca-
to dov’ero andato per tutta la
mia vita e vendevano queste
spille gigantesche con su scritto
“Fuck Iran”. E le vendevano alle
stesse persone che mi avrebbero
preso a schiaffi se da bambino
avessi solo pronunciato la pa-
rola “fuck”! Quindi pensammo:
“se questa gente può esprimersi
liberamente, possiamo farlo an-
che noi: mettiamoci a fare una
rivista di politica a fumetti”.
Quando iniziammo, il nostro
punto di vista era piuttosto
liberal, del tipo “non ci piace
Reagan”. Ma incominciare a
stampare la rivista fu un po’
come alzare uno striscione. Di-
verse persone erano attratte da
quello striscione e piano piano
incominciarono a insegnarci e
spiegarci diverse cose; la rivista
diventò così la voce di una co-
munità ristretta, ma molto atti-
va, di anarchici degli Stati Uniti.
Direi che i nostri lettori ci han-
no influenzato tanto quanto noi
abbiamo influenzato loro.
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