Magazine ObbiettivoNatura Nr.2 GIUGNO | Page 21

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rato come 723A. La salita è trascorsa senza troppi intoppi (fiato a parte…), la notte era sempre più serena, e gli alberi scuri e ancora carichi di neve, guidavano lo sguardo alle stelle (linee guida).

In basso la neve, che sul sentiero battuto era solida e consentiva il passo senza ciaspole, mentre ai lati farinosa e friabile (tanta neve!!!). Non l’abbiamo misurata, ma credo che la temperatura si aggirasse intorno allo zero, non era affatto freddo e si camminava molto bene. Ce la siamo presa comoda, anche tra di noi. Sembra che il silenzio ed il bosco di notte rac-chiudano l’animo umano e riduca tutto all’essenziale, ci si conosce, si parla di ciò che è importante. Come un buon vino rosso: poche parole ma buone. Durante la salita mi preparavo mentalmente agli scatti che avrei fatto, cercando di ricor-dare tutti i parametri tecnici ed i settaggi migliori per ottenere il massimo che avrei potuto. Difficilmente mi sentirete parlare con competenza di tecnologia o tecniche fotografiche. Più che altro copio e sperimento ciò che altri hanno inventato, tentando di riprodurre il loro risultato. E, come spesso accade, in que-sto processo nasce la propria impronta, ciò che rende unico e personale uno scat-to. La fotografia, per me, è una forma e-spressiva, l’immagine deve riprodurre e dire qualcosa di chi sei, del percorso di vita che hai fatto fino a quel momento, delle esperienze che ti hanno forgiato e plasmato, fino a vedere (bello o brutto che sia agli occhi degli altri) quello scat-to. Lo so che è una visione un pò ro-mantica e forse fuori tempo, ma il tempo è soltanto una delle dimensioni…

Per quella notte ho organizzato la mia attrezzatura in modo che pesasse il me-no possibile, non volevo pesi inutili da portare sulle spalle (già faccio abba-stanza fatica con i miei 84Kg).

Alla fine della preparazione, lo zaino fo-tografico pesava 9,5 Kg, ed era compo-