In un Paese che spesso non
ha una progettualità seria e
lungimirante nella ricerca e
nella innovazione, la
formazione deve affiancare lo
sviluppo industriale del
Paese, e l’università deve
essere a fianco dell’impresa
per la crescita della
conoscenza. E oggi la prima
missione delle università
nella formazione è di sapere
esprimere un reale impatto
sul proprio territorio e nella
società in cui è insediata
Luigi Marletta
Università di Catania
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LUCE 327 / FORMAZIONE
“L’innovazione in questi anni è stata forte,
l’avvento dei Led ne è la dimostrazione.
Ed è proprio per questo che in una fase come
quella attuale servono basi di conoscenza solide,
che solo l’università è in grado di offrire”.
Cinzia Buratti insegna Fisica tecnica al
dipartimento di Ingegneria dell’università
degli studi di Perugia. La docente pone al centro
della riflessione il tema della formazione e del
gap esistente tra domanda e offerta, partendo
da un altro punto di vista. Che corrisponde
a un fatto oggettivo, da cui alle volte si
prescinde. Vale a dire la dimensione delle singole
università, dei singoli atenei.
“Probabilmente il gap tra domanda e offerta
per quanto concerne la formazione in campo
illuminotecnico esiste ed esiste in particolare
nelle facoltà di piccole dimensioni, dove non è
possibile fornire una formazione che corrisponda
alle attuali esigenze del mondo della produzione
e della progettazione. Un’impossibilità
che dipende però dall’attuale organizzazione
del sistema universitario nazionale: nel corso di
studi triennale è impensabile poter approfondire
in modo adeguato molti temi. Cosa diversa,
immagino sia, per gli atenei che possono contare
su grandi numeri, di studenti, docenti e spazi.
Va anche detto che esiste una modalità
di insegnamento tipica delle università italiane
che ci contraddistingue, rispetto ad esempio alle
modalità utilizzate dalle facoltà anglosassoni.
Il nostro è un approccio all’insegnamento basato
sull’approfondimento delle materie scientifiche
di base: una modalità che consente
l’acquisizione di un bagaglio di conoscenze
fondamentali, le quali a loro volta favoriscono
un approccio versatile ai problemi. Noi offriamo
agli studenti strumenti affinché sia a loro
possibile disporre di una formazione specifica”.
Buratti conferma poi un problema generale,
quello cioè della mancanza di cultura della luce.
“Sì, è vero, manca una cultura della luce,
in quanto manca una formazione adeguata.
Ma a costruire una cultura non può essere solo
l’università. Noi siamo una piccola parte del
mondo che ruota attorno all’illuminotecnica.
Per esempio, nel settore privato, nei singoli
privati committenti, l’approccio culturale
è del tutto assente. Servirebbe un lavoro vasto e
importante nei confronti dell’opinione pubblica.
Servirebbe un’opera di sensibilizzazione. Ed è
quello che facciamo nel rapporto con il territorio,
con le aziende e con gli ordini professionali”.
Chi ne fa un problema squisitamente culturale
e di sensibilità è Carla Balocco, docente di Fisica
tecnica ambientale al dipartimento di Ingegneria
industriale dell’università degli studi di Firenze.
Per Balocco, infatti, il ritardo che si sconta
nell’insegnamento dei temi dell’illuminotecnica
non dipende tanto da una carenza delle
istituzioni scolastiche, ma riguarda un ritardo
culturale generale, che interessa la società
nel suo complesso.
“Il ritardo nasce addirittura all’interno delle
famiglie e nella società e ha a che fare con
la sottovalutazione del tema dell’energia, che
non viene capito e vissuto con consapevolezza
e responsabilità. Occorre infatti razionalizzare
i consumi energetici e quelli destinati a utilizzi
a bassa temperatura. Serve utilizzare l’energia
in funzione della sua qualità termodinamica.
In questi ultimi anni abbiamo assistito a una
crescita dell’importanza della progettazione
illuminotecnica, del ruolo della luce nella logica
dello Human Centric Lighting, della necessità
di conoscenze da parte dei lighting designer,
della luce nelle smart city; ciononostante,
la cultura generale non si è modificata. I Led,
ad esempio, hanno prodotto una rivoluzione,
ma anche una serie di fraintendimenti, dovuti
alla mancanza di adeguata informazione sulla
luce e sul concetto di progetto illuminotecnico”.
La riflessione della docente si sposta poi sui
concetti di entropia e sostenibilità energetica,
sull’energia del sole e sulla luce, per concludere
che: “Nel processo progettuale serve introdurre
il secondo principio della termodinamica
e considerare la finitezza del flusso
neghentropico, cioè di informazione, derivante
dal sole e da poche altre fonti. La progettazione
illuminotecnica andrebbe concepita come
strumento utile per lo scambio di conoscenze
e di informazione. Ciò sarebbe attuabile
se esistessero la possibilità di comunicare
rapidamente, un processo progettuale efficiente,
competenze e capacità progettuali e produttive
diffuse. L’elevato livello di sviluppo richiesto dal
processo progettuale destinato all’uso razionale
dell’energia e, quindi, alla progettazione di luce
di qualità per visione, percezione ed ergonomia
richiede un insieme strutturato e interdisciplinare
di figure professionali, che abbia elevati scambi,
veloce comunicazione, nuove procedure per
la gestione digitale della trasmissione e della
modifica dei progetti, fino ad arrivare a nuovi
rapporti con le committenze pubbliche, nonché
alla gestione integrata dei processi informativi
e decisionali”.
C’è anche chi rivendica con orgoglio i passi
in avanti compiuti. È il caso di Milano
e del Politecnico e di chi da anni ci insegna.
“In Italia, la formazione dei lighting designer
rappresenta un tema critico – attacca Maurizio
Rossi, docente alla Scuola del design del
Politecnico di Milano Bovisa. Nonostante il nostro
Paese sia il secondo più importante produttore
europeo di apparecchi di illuminazione, da noi
non esistono corsi di laurea dedicati al progetto
di illuminazione. Una condizione, la nostra,
che non dipende dall’esiguo numero di docenti
che conducono i corsi di illuminotecnica
all’interno di altri corsi di laurea, ma che chiama
in causa il ministero competente, nei confronti
del quale dovrebbe essere assunta un’iniziativa
coordinata tra le associazioni di produttori – Assil
e Assoluce – con il supporto di Aidi e Apil. Con le
leggi attuali, infatti, avviare nuovi corsi di laurea
è pressoché impossibile. Infatti, il corpo docente
che si occupa del tema insegna fisica tecnica,
ingegneria elettronica e solo alcuni design”.
In effetti, il luogo in cui Maurizio Rossi è docente
è l’eccezione che, appunto, conferma la regola.
Lavora infatti alla Scuola del design, un
avamposto tecnico-scientifico-culturale che
vanta ottime credenziali: la scuola infatti al QS
World University Ranking 2018 si è collocata