¶ SPECIALE BIENNALE
Freespace
16° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia.
Una riflessione per un utilizzo dello spazio che doni
agli abitanti un’occasione di sviluppo e di migliore
coesione con il proprio ambiente quotidiano
testo e foto di / text and photos by Alberto Pasetti
Philip Roth, 1968 (Bob Peterson - Time Life)
“S
iamo architetti, non curatrici”
spiegano Yvonne Farrell e Shelley
McNamara, fondatrici dello studio
Grafton Architects. L’Architettura deve essere
concreta per non essere spettacolare, afferma,
inoltre, il direttore della Biennale Paolo Baratta:
“ha fatto troppi danni per troppi anni”. Sono
queste due asserzioni che permettono di entrare
nel vivo del tema di questa sedicesima edizione
della Biennale di Architettura. Da una parte
il punto di partenza dello spirito di questa
manifestazione, un orientamento rivolto
pienamente al significato reale dell’Architettura
stessa, e dall’altra l’opportunità di ricordare
consapevolmente che questa disciplina ha
seminato anche molti errori negli anni recenti,
ricaduti su intere comunità. In questa edizione
sono presenti 71 progettisti invitati, affiancati
da quelli raccolti in due sezioni speciali:
la prima, nel numero di 16 partecipanti,
si intitola Close Encounter, meetings with
remarkable projects e presenta lavori che
nascono da una riflessione su progetti noti
del passato; la seconda, nel numero di 13
partecipanti, dal titolo The Practice of Teaching,
raccoglie lavori sviluppati nell’ambito
dell’insegnamento. Freespace rappresenta
il tentativo di scrutare l’operato degli architetti
per comprendere dove e come sia stato
conseguito il valore aggiunto di luoghi e spazi
che realisticamente generano benefici sia per
la comunità, sia per il singolo cittadino, frutto
di generosità progettuale. Questo tipo di
riflessione possiede tutte le caratteristiche
per apparire scontato, ma di fatto non lo è;
costituisce piuttosto un’occasione per rilanciare
il dibattito sul reale significato attribuito allo
spazio costruito e scoprire quali siano le sue
vere implicazioni sul cittadino, sul fruitore,
a sua volta travolto dall’evoluzione degli usi
e dei costumi, attraverso i decenni.
Paradossalmente è come porsi la domanda,
in una fase progettuale, per capire quanto
investimento è rivolto agli aspetti funzionali
e alla rispondenza delle norme e quanto,
in realtà, è dedicato alla ricerca della qualità
percepita, non solo come valore estetico,
ma soprattutto come catalizzatore di un
sentimento di compiacimento e di soddisfazione
nel vivere un’Architettura propositiva.
La presentazione ufficiale di questa edizione
della Biennale è stata effettuata dalle curatrici
direttamente dal loro ufficio a Dublino,
via skype, a causa di una bufera di neve
che ha reso impossibile il loro spostamento
per alcuni giorni. Tale circostanza è stata
per loro l’occasione di ribadire l’ineluttabile
interdipendenza tra Architettura e ambiente
naturale, nonostante la diffusa concezione
in cui l’uomo tende a porsi al di sopra
di esso o comunque in un’illusoria autonomia
dai suoi equilibri. In Freespace emerge
una poetica, presente in molti dei progetti
esposti, riconoscibile nel desiderio
di fare emergere tracce di umanità,
che pervadono i valori di bellezza e di qualità
di un’opera costruita con passione.
Allo stesso tempo, la rivelazione di dettagli
e di tratti particolari arricchisce la
Atelier Peter Zumthor, modello di paesaggio per una miniera di zinco
in Norvegia, Padiglione centrale, Giardini / landscape maquette
of a zinc mine in Norway, central Pavilion, Giardini
VENICE BIENNALE SPECIAL REPORT / LUCE 326
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