LUCE 326 | Page 19

¶ SPECIALE BIENNALE Freespace 16° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia. Una riflessione per un utilizzo dello spazio che doni agli abitanti un’occasione di sviluppo e di migliore coesione con il proprio ambiente quotidiano testo e foto di / text and photos by Alberto Pasetti Philip Roth, 1968 (Bob Peterson - Time Life) “S iamo architetti, non curatrici” spiegano Yvonne Farrell e Shelley McNamara, fondatrici dello studio Grafton Architects. L’Architettura deve essere concreta per non essere spettacolare, afferma, inoltre, il direttore della Biennale Paolo Baratta: “ha fatto troppi danni per troppi anni”. Sono queste due asserzioni che permettono di entrare nel vivo del tema di questa sedicesima edizione della Biennale di Architettura. Da una parte il punto di partenza dello spirito di questa manifestazione, un orientamento rivolto pienamente al significato reale dell’Architettura stessa, e dall’altra l’opportunità di ricordare consapevolmente che questa disciplina ha seminato anche molti errori negli anni recenti, ricaduti su intere comunità. In questa edizione sono presenti 71 progettisti invitati, affiancati da quelli raccolti in due sezioni speciali: la prima, nel numero di 16 partecipanti, si intitola Close Encounter, meetings with remarkable projects e presenta lavori che nascono da una riflessione su progetti noti del passato; la seconda, nel numero di 13 partecipanti, dal titolo The Practice of Teaching, raccoglie lavori sviluppati nell’ambito dell’insegnamento. Freespace rappresenta il tentativo di scrutare l’operato degli architetti per comprendere dove e come sia stato conseguito il valore aggiunto di luoghi e spazi che realisticamente generano benefici sia per la comunità, sia per il singolo cittadino, frutto di generosità progettuale. Questo tipo di riflessione possiede tutte le caratteristiche per apparire scontato, ma di fatto non lo è; costituisce piuttosto un’occasione per rilanciare il dibattito sul reale significato attribuito allo spazio costruito e scoprire quali siano le sue vere implicazioni sul cittadino, sul fruitore, a sua volta travolto dall’evoluzione degli usi e dei costumi, attraverso i decenni. Paradossalmente è come porsi la domanda, in una fase progettuale, per capire quanto investimento è rivolto agli aspetti funzionali e alla rispondenza delle norme e quanto, in realtà, è dedicato alla ricerca della qualità percepita, non solo come valore estetico, ma soprattutto come catalizzatore di un sentimento di compiacimento e di soddisfazione nel vivere un’Architettura propositiva. La presentazione ufficiale di questa edizione della Biennale è stata effettuata dalle curatrici direttamente dal loro ufficio a Dublino, via skype, a causa di una bufera di neve che ha reso impossibile il loro spostamento per alcuni giorni. Tale circostanza è stata per loro l’occasione di ribadire l’ineluttabile interdipendenza tra Architettura e ambiente naturale, nonostante la diffusa concezione in cui l’uomo tende a porsi al di sopra di esso o comunque in un’illusoria autonomia dai suoi equilibri. In Freespace emerge una poetica, presente in molti dei progetti esposti, riconoscibile nel desiderio di fare emergere tracce di umanità, che pervadono i valori di bellezza e di qualità di un’opera costruita con passione. Allo stesso tempo, la rivelazione di dettagli e di tratti particolari arricchisce la Atelier Peter Zumthor, modello di paesaggio per una miniera di zinco in Norvegia, Padiglione centrale, Giardini / landscape maquette of a zinc mine in Norway, central Pavilion, Giardini VENICE BIENNALE SPECIAL REPORT / LUCE 326 17