Libretto venezia PRP Venezia 2a edizione | Page 13
tuale Terrano, un vino rosso del Carso triestino; è più proba-
bile, invece, che quest’ultimo derivi da quello che il medico
greco Dioscoride (I sec. d. C.) definisce Histrianorum Paraety-
pianum, ossia quel vitigno che produceva l’uva pecina (picina,
nera come la pece), la più nera di tutte, a detta di Plinio (Sto-
ria Naturale, XIV, 42).
L’altro vino prediletto dai Romani, del quale esistono
moltissime testimonianze, era il Retico, coltivato nel Verone-
se: il sommo poeta latino Virgilio l’aveva messo subito dopo
il celebre Falerno (Georgica, II, 95: «E che versi mai dire, Reti-
ca mia, di te? Ma non gareggiar col Falerno»).
Da queste citazioni appare chiaro che i Romani, arrivan-
do nella terra dei Veneti, vi avevano trovato già in atto la col-
tura della vite, anche se essa vi era meno diffusa rispetto al
Lazio e all’Etruria; tuttavia i Paleoveneti ben conoscevano le
tecniche di coltivazione e l’arte di produrre buon vino.
Sia la terraferma veneziana sia il Trevigiano si possono
dunque considerare luoghi sempre molto appetibili ai Roma-
ni, evidentemente non solo per motivi militari! 10)
Durante il Cristianesimo, rapidamente diffusosi in tutto
il Veneziano dalla vicina Aquileia, la vite ebbe un’ulteriore
espansione anche per l’importante significato religioso attri-
buito a questa bevanda dalla nostra religione.
A partire dall’alto Medioevo la ricchezza della produ-
zione vinaria della costa altoadriatica appare sia dalle fonti
scritte sia dalle testimonianze archeologiche. Nelle antiche
carte veneziane, infatti, la menzione di vigne torna con fre-
quenza, mentre nelle stesse isole veneziane alcuni toponimi
come “Le Vignole”, “San Francesco della vigna” ecc., dove
erano attestati horti et vineae, ci confermano ancora oggi
Cfr. Rorato G., Civiltà della vite e del vino nel Trevigiano e nel Veneziano,
Treviso 1995, p. 18.
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