LA CIVETTA April 2019 | Page 54

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C’era un’atmosfera bellissima. Eravamo circondati da gente in costume: manti colorati, gonne ricamate, cappelli stravaganti e ventagli. A rubare la scena, però, erano senza dubbio le maschere, ognuna fatta a mano, ognuna con il suo fascino particolare. Il Carnevale di Venezia è un avvenimento talmente mozzafiato che consiglio a tutti di andarci almeno una volta nella vita. Si tratta di un vero e proprio spettacolo per gli occhi e da un lato non riesco a non chiedermi come fosse in origine e come si sia sviluppato nel corso della storia.

Tutto è cominciato intorno al 1094, nel periodo che precede la Quaresima. Prima dei rigidi quaranta giorni che anticipano la Pasqua, infatti, i veneziani si travestivano e andavano a piacevoli eventi pubblici. Nonostante ciò, tale celebrazione è stata dichiarata festa pubblica soltanto nel 1296. Il Carnevale era visto come un momento di svago, un’occasione per mettere momentaneamente da parte il lavoro e divertirsi. Era anche un’opportunità per la gente di diversa classe sociale di indossare una maschera e camminare anonima per le strade; in questo modo, il Carnevale riusciva a unire, anche se solo per un giorno, ricchi e poveri.

Nel 1630, Venezia fu gravemente colpita dall’arrivo della peste, perdendo il 40% della sua popolazione. Questo tragico avvenimento ha segnato un momento importante nella storia del Carnevale: infatti, numerosi sono i simboli che richiamano il lutto, occupando un ruolo di gran rilievo nel travestimento di oggi, come la forte ricorrenza di abiti neri. In particolare, ci sono due maschere estremamente esemplificative: la prima è quella del medico della peste, caratterizzata dal becco lungo e ricurvo, che i dottori usavano per proteggersi da eventuali contagi e in cui mettevano erbe profumate per purificare l’aria che respiravano; la seconda è la maschera del gatto.