L' Artigianato Giugno 2017 | Page 21

dall’associazione divisione che segnano il profilo naturale del Paese: in Liguria e nel Salento, lungo la costiera di Amalfi e sull’Etna, a Pantel- leria e in Toscana, su tutto l’arco alpino e nel cuore dell’Appennino. Questo tesoro sembrava consegnato alla rovina e alla nostalgia. Contadini, architetti, impren- ditori, scienziati e promotori del turismo, lo rilanciano in tutto il mondo quale mo- dello avanzato di uno sviluppo nuovo, ca- pace di generare lavoro e ricchezza senza consumare la natura. La commissione Unesco visiterà i muretti a secco italiani fino all’anno prossimo, la decisione di ac- coglierli tra i beni essenziali della civiltà è fissata per il 2019. «È un passaggio decisivo – dice il geo- grafo Mauro Varotto, docente all’Universi- tà di Padova e anima italiana dell’Alleanza internazionale per i paesaggi terrazzati – che può garantire le risorse pubbliche per conservare l’eroica spina dorsale che uni- sce i popoli con una storia di miseria e di fatica». In Italia risultano censiti 170mila chilometri di muri a secco, quelli stimati sono oltre 300mila. Gli ettari di campi ter- razzati sono altrettanti. La Grande Mura- glia cinese, quasi totalmente ricostruita, è lunga 8mila chilometri. Il valore delle pietre accumulate e incastrate nei secoli per permettere agli uomini di coltivare la terra e di allevare gli animali, ossia di vi- vere, non sfugge più a nessuno. Esperti e appassionati di tutti i continenti ne han- no discusso in Cina, in Perù e in Italia, tra Padova e Venezia: il prossimo convegno internazionale dei paesaggi terrazzati si terrà nelle isole Canarie. Il problema è comune: evitare che una sapienza antica, trasmessa oralmente, muoia assieme ai suoi ultimi custodi. «Costruire un muro a secco – dice il progettista rurale Massimo Stoffella – è come generare una persona. Nasce qualcosa di vivo, per esistere gli oc- corre un’etica: può essere bello, ma se non ha sostanza prima o poi crolla. Durare im- pone equilibrio e per questo conta quello che c’è dietro: servono tutte le virtù, ma è il difetto a connotarlo nel tempo». A Ter- ragnolo, ai piedi dell’altopiano di Asiago, il 24 giugno si terrà il primo Festival inter- nazionale “Sassi e non solo”. Sette squadre si sfideranno nella costruzione del muro a secco perfetto, donato poi ai contadini della Vallarsa. La competizione rivela il boom che sconvolge una missione edilizia che l’urbanizzazione, assieme alla civil- tà industriale e al progresso tecnologico, sembravano aver emarginato. Migliaia di giovani, donne comprese, si innamorano dei muretti naturali in pietra, alzati senza malte e senza cemento, e chiedono di im- parare a restaurarli. Nel resto d’Europa il titolo di “maestro di muri e pavimenti in pietra” è già riconosciuto. In Italia la pri- ma scuola è stata aperta presso l’Enaip di Villazzano, in Trentino, e dopo due anni di corsi ha appena diplomato i primi 18 ar- tigiani specializzati. L’iniziativa è dell’Ac- cademia della Montagna e intercetta una crescente domanda di professionalità. «La crisi – dice la direttrice Iva Berasi – rivela opportunità salutari. Impone il recupero di un’agricoltura più sostenibile e di una vita più semplice. I muretti a secco ne di- ventano il simbolo. Rimarginano le ferite dell’abbandono e confermano il valore economico della bellezza. Un Paese come l’Italia, fragile e fonda- to sulla qualità dell’arte e del cibo, si salva cominciando a rimettere in piedi i sassi che da sempre tengono tutto insieme». Centinaia, da tutte le regioni, le doman- de di giovani che vogliono frequentare la scuola trentina della pietra a secco, sette i corsi di secondo livello pronti a partire. Per le imprese edili offrire una competen- za certificata significa allargare il merca- to. Si creano posti di lavoro per muratori di alto livello e nemmeno alla nuova ge- nerazione dei contadini sfuggono le op- portunità commerciali: uno ha chiamato “707” il suo vino di punta, per ricordare ai consumatori i chilometri di muri a sec- co che sostengono le sue colline, garanzia di rispetto e di passione. «La leva di un boom mondiale – dice il naturalista pado- vano Antonio Sarzo – è proprio l’emozio- ne. Tra le pietre vivono animali e piante, filtra l’acqua. Le persone sentono di non pesare sulla terra, anzi di poterla aiutare con le loro mani. Lavorare o riposare in armonia con la natura è la sola strada ver- so un futuro buono». Per questo Car melo Brugnara sogna di trasmettere al figlio ba- rista il segreto per “tirare coi sassi un mu- retto che dura”. Tra le vigne di Ceola non pensa ai muri spinati che i leader globali vogliono alzare come monumenti alla paura che giustifi- ca il loro potere. Quelli poi crollano. «Io sono un piccolo – dice – penso solo a pu- lire e a tenere su il posto in cui sto per ac- cogliere tutti. Altrimenti resta da fare». ANNO LXVIII / n. 6 / giugno 2017 / L’ARTIGIANATO 19