dall’associazione
Lei è al suo primo mandato in Giunta,
quali sono le sue sensazioni dopo un
anno e mezzo di questa esperienza?
«Direi che si tratta di un’“avventura” po-
sitiva anche se non immaginavo potesse
essere così impegnativa. Dal punto di vista
temporale infatti c’è la necessità di inve-
stire molto di più di quanto immaginassi
però è indubbio che tutto ciò mi sta arric-
chendo. Mi sto rendendo conto di quanto
lavoro ci sia dietro a tante iniziative che
vengono proposte e a tante “battaglie” che
vengono combattute dall’Associazione e
che magari, chi non è all’interno di deter-
minati meccanismi, tende a dare per scon-
tate. I nostri associati presenti sui territori
non sempre capiscono sino in fondo le
attività che porta avanti la struttura, que-
sto perché la struttura stessa non riesce
magari a farsi conoscere al meglio oppure
perché l’artigiano non sempre è interessa-
to ad approfondire.
Chiuderei con l’appello a tutti gli as-
sociati, sia della mia valle che di tutta la
provincia, ad avvicinarsi sempre di più
all’Associazione Artigiani perché scopri-
ranno tutti i servizi che si hanno a dispo-
sizione (dai più classici e ormai conosciu-
ti a quelli più recenti e innovativi), sia per
ricreare quel senso di unione e coesione
che si è persa un po’ negli ultimi anni e
che ha sempre garantito un’importante
forza all’Associazione nei confronti di sin-
dacati, politica e territorio».
Muretti a secco patrimonio dell’umanità Unesco
di Stefano Frigo
I muretti a secco sono tipici dei Paesi del Mediterraneo. Si trovano in Francia, Grecia, Spagna e anche in Italia.
Questa arte rurale ora è stata iscritta nella lista dei Patrimoni culturali immateriali dell’umanità dall’Unesco.
La decisione è stata approvata all’unanimità dai 24 Stati membri del Comitato Unesco che si occupa dell’assegnazione
del riconoscimento. Dopo la coltivazione della vite ad alberello di Pantelleria, è la seconda volta che a divenire
patrimonio dell’umanità è una pratica agricola e rurale. «L’arte del “dry stone walling”», si legge nella motivazione
dell’Unesco «riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di strutture di pietra ammassando le pietre l’una
sull’altra, non usando alcun altro elemento se non terra a secco. Si tratta di uno dei primi esempi di manifattura umana
ed è presente a vario titolo in quasi tutte le regioni italiane, sia per fini abitativi sia per scopi collegati all’agricoltura,
in particolare per i terrazzamenti necessari alle coltivazioni in zone particolarmente scoscese». Il muretto a secco
è stato il primo esempio di manufatto umano e, in realtà, è presente in tutte le culture del pianeta. Rappresenta il primo
tentativo di modificare l’ambiente per ricavarne un qualsiasi uso, sia per costruire un riparo sia per delimitare un luogo.
È presente nelle costruzioni religiose, come nel caso degli altari costruiti dai patriarchi ebrei di cui si parla nella Bibbia,
sia nei nuraghi in Sardegna. Gli antichi Greci e Romani costruivano muri a secco sia perché erano più economici sia
perché più facili da costruire. Per questa ragione anche oggi si possono ancora trovare in molti luoghi di campagna.
Anche in Trentino i muretti a secco sono protagonisti grazie all’Accademia della Montagna che ha istituito nel 2013
la Scuola Trentina della Pietra a Secco, con l’obiettivo di conservare, tramandare e diffondere le conoscenze, le abilità
e le competenze legate all’antica cultura della pietra a secco in Trentino e nella regione alpina. La Scuola è composta
da un gruppo di lavoro che include diverse figure professionali, dal maestro artigiano al geometra, dall’architetto
all’ingegnere e all’insegnante. La scuola è associata a INTERNATIONAL ALLIANCE FOR TERRACED LANDSCAPES (ITLA).
Per saperne di più
www.paesaggiterrazzati.it
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L’ARTIGIANATO / ANNO LXX / n. 1 / gennaio 2019