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programmazione è proprio la possibilità di distaccarsene e sfruttare situazione improvvise e impreviste come percorso alternativo, un'occasione per scoprire insieme agli alunni inaspettate connessioni. Valentina Boragno È importante avere ben chiaro il quadro, o se vogliamo la cornice, entro cui deve svilupparsi la nostra azione didattica: quali competenze contribuisce a far acquisire la nostra azione didattica? quali obiettivi si propone? quali conoscenze ed abilità intende sviluppare? attraverso quali strategie metodologiche? cosa si vuole valutare, relativamente al processo e al risultato? E in che modo? Importante nello stesso tempo avere quella flessibilità mentale e didattica che ci permette di adattare, direi quasi plasmare, la nostra azione al contesto, alla classe, al singolo ragazzo. Carmela Siracusa In Danimarca, nonostante la pioggia e il freddo, "ho potuto osservare bambini nei giardini, nei parchi, con tute impermeabili, svolgere attività all'aperto, correre nell'erba bagnata. l'insegnante è defilato, osserva le dinamiche tra i bambini e registra le osservazioni su un proprio quaderno di lavoro, registra le emozioni, i gruppi, le abilità, i ruoli, le attitudini, per poi affrontare i risultati di questo ascolto attivo con i bambini negli altri spazi della giornata". (Da Educazione diffusa di Luigi Gallo e Paolo Montana). Ecco, per me programmare non significa scrivere fiumi di carte, obiettivi, fasi, metodi e tecniche, sistemi complessi e standardizzati di valutazioni, ma mettere in campo altre competenze: l'osservazione e la comunicazione, l'empatia e il coping. Sono competenze che si acquisiscono con l'esercizio su se stessi e che consentono di diventare Persona. Perciò, prima di ogni altra cosa, è fondamentale, a mio avviso, lavorare sulla costruzione del gruppo classe per creare relazioni educative efficaci. Contestualmente è importante provvedere a un setting adeguato all'attività (quella sì programmata) e poi osservare, osservare, osservare le dinamiche di apprendimento, quelle relazionali e cooperative; alla fine gli esiti vanno discussi nel gruppo e autovalutati. Cosa fa l'insegnante? Facilita, studia e apprende con gli studenti. Lo so, è faticoso e nel nostro sistema non è sempre possibile, ma è verso cui si deve tendere perché è ciò che funziona contro la noia di studenti che cercano sempre di più altrove la cura e l'accoglienza, a volte anche con costi altissimi. Maria Nica È successo talvolta che, durante le attività di cooperative learning svolte per il "gioco con la mente", siano venuti fuori argomenti paralleli e molto interessanti che non erano pianificati dall'autore del libro: benissimo! Se l'argomento è suggerito dagli studenti e loro sono interessati perché non integrare e suggerire nuovi spunti di ricerca? Ovviamente anche queste attività contribuiscono a migliorare la cultura e le conoscenze della classe e un docente esperto in generale può usare il "mestiere". Enrica Maragliano Nel nostro IC, per fortuna, non facciamo la programmazione individuale, ormai da circa 10 anni. Esiste soltanto una programmazione d'istituto, comprendente le attività ed i progetti che vengono presentati nel PTOF. Mi sembrerebbe pazzesco scrivere, come si faceva in passato, gli stessi programmi per le prime, seconde e terze, in cui l'unica cosa che andava cambiata era la data. Carla Asquini Io spesso mi immagino il nostro mestiere (è davvero un mestiere, artigianale, in cui ognuno crea e costruisce) come una grande cornice dentro a cui dipingiamo secondo i nostri stili, i nostri talenti, le nostre competenze e il nostro pregresso (chi ci ha formato? quali sono i nostri grandi riferimenti 28