IL SUD ON LINE MAGAZINE 15 - Il Sud On Line - 18 APRILE 2016 | Page 4

di Giuseppe Lembo

Ho letto una notizia che ha dello sconvolgente! Oltre ad averla letta, in una foto di gruppo, facevano bella mostra di sé i protagonisti dell’evento, politici cilentani insieme a dei tecnici esterofili, ingegneri ed architetti, di una cooperativa emiliana di Reggio Emilia, a cui è stato affidato l’incarico di progettare lo sviluppo (o presunto tale, da farlo diventare sviluppo, con la bacchetta magica), per alcune aree interne del Cilento; tanto, al fine di promuoverne la valorizzazione e quindi lo sviluppo socio-antropico ed economico-territoriale.

Il patto di sviluppo, ottima cosa in sé, è stato siglato tra i Comuni di Gioi, Orria, Salento, Moio della Civitella e Perito ed i tecnici di una cooperativa di progettazione emiliana. Con il protagonismo tecnico-professionale emiliano di soli architetti ed ingegneri, i magnifici cinque primi cittadini del Cilento, terra dei saperi, sognando ad occhi aperti, pensano di avere fantasticamente trovato la soluzione giusta per risolvere, sui loro territori, gli assolutamente gravi ed incancreniti problemi di un non-sviluppo di lungo corso, dovuto prima di tutto, ad una consolidata condizione di diffuso sottosviluppo umano.

Riconoscendo, come già detto in premessa, l’utilità del patto territoriale per lo sviluppo ne vedo, purtroppo, i limiti realizzativi a partire dai suoi stessi limiti territoriali; cinque piccoli Comuni del Cilento interno, demograficamente in grave sofferenza umana ed ormai in altrettanta grave e diffusa sofferenza dovuta ad una dismissione che ha privato gran parte dei territori cilentani anche dell’ossigeno assolutamente necessario alla sopravvivenza, proprio non hanno e tanto meno possono avere in sé, un’autonoma capacità di promuovere il territorio e con il territorio lo sviluppo socio-antropico di chi lo abita.

Chi studierà, proiettandole nel futuro, le risorse umane di cui possono disporre i territori? Non si tratta forse di territori a crescente rischio di desertificazione umana, di una popolazione residenziale dalle sempre più ridotte condizioni di vivibilità territoriale (degrado, dissesto, viabilità impraticabile, strutture educative e formative del tutto assenti, servizi sociali e sanitari alla persona, sempre più negati, se non del tutto cancellati ed altro, altro ancora)?

Tanto, da fare ben capire, se proprio ce ne fosse di bisogno, che si tratta di territori senza futuro; di territori dal futuro negato.

Si legge nel commento di Infocilento, a firma di Elena Matarazzo che l’obiettivo è quello di puntare concretamente allo sviluppo di alcune aree montane.

Un obiettivo lodevole; un obiettivo, così come pensato, purtroppo, difficilmente raggiungibile dal gruppo dei magnifici tecnici emiliani prestati professionalmente al Cilento, al fine di mettere in piedi, nella parmenidea terra cilentana dell’Essere, un laboratorio territoriale di sviluppo umano e territoriale; un laboratorio che, dovrebbe dare i suoi buoni frutti, in aree di innervazione del progetto fortemente marginali, parte di un circoscritto territorio montano dell’alta collina cilentana.

Tutto questo, in un particolare momento italiano; un momento diffusamente caratterizzato da “dismissioni” e “delocalizzazioni” di tante difficili realtà italiane, per effetto di un potere dominante caratterizzato da cecità diffusa; chiudendo, chiudendo, delocalizzando, delocalizzando, si va ciecamente preparando l’inevitabile default italiano.

Il default di un Paese ammalato di un presente che proprio non crede più al futuro possibile; di un Paese che si rifiuta di credere e sempre più, al futuro possibile. Il clima delle “dismissioni italiane” dei nostri giorni, è veramente grave; è grave e preoccupante in Italia, dal Nord al Sud.

Tanto, con una grave sofferenza italiana ed una sempre più negata prospettiva di un possibile futuro italiano.

Mentre nel Paese si respira questo sofferto clima di crisi disumanamente triste e senza ritorno, i coraggiosi cinque Sindaci delle abbandonate aree montane del Cilento collinare, pensano che la buona scienza emiliana possa finalmente trovare le soluzioni sagge e giuste per uno sviluppo dei loro territori, da sempre negato con, tra l’altro, gravi sofferenze antropiche in un mondo locale, purtroppo da sempre marginalizzato e negato allo sviluppo.

Si pensa miracolisticamente che lo studio di fattibilità del gruppo tecnico emiliano avrà, come auspicato risultato finale, miracolistiche nuove opportunità di lavoro e di sviluppo.

Donec at massa id risus varius eleifend vitae at quam.Vivamus tristique est vitae felis vehicula mollis. Vivamus quam dolor,tempor ac gravida sit amet,porta fermentum magna.Aliquam euismod commodo nisl, vel luctus lorem fermentum quis. Nullam eu temporpurus. Nunc a leo magna.Donec at massa id risus varius eleifend vitae at quam.

il caso

lo sviluppo del cilento

affidato a Reggio Emilia...