Il foglio dell'Umanitaria n. 1 febbraio-maggio 2016 | Page 9
il
FOGLIO dell’Umanitaria
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di “Cronache dalla Resistenza”
non basta. Pensare a che società vogliamo, a che giustizia vogliamo, pensare in
che modo la libertà – questo bene primario, così in pericolo, dato così per
scontato – deve essere condivisa: perché
la mia libertà senza la tua non vale nulla.
C’è un pensatore cui sono molto affezionato, un grande pacifista ed educatore:
Danilo Dolci. Calamandrei lo difese con
un’arringa memorabile sulla disobbedienza civile a causa di uno sciopero della
fame indetto da Dolci in Sicilia.Ecco,nelle
Conversazioni contadine – un libro che
raccoglie i dialoghi di questo educatore
con i contadini di Partinico – a un certo
punto Mimiddu, uno dei parlatori più
accaniti, si spazientisce e dice che finché
si parla e basta, nulla cambia: “Si fanno
queste parole, ma cadono, muoiono così
in fondo al mare”. Ed è così che la discussione si trasforma in impegno: nascono
dei progetti concreti per trasformare dal
basso Partitico, aprire scuole popolari,
aiutare chi sta peggio, allargare il circolo
delle loro conversazioni: perché, come
dice ancora Mimiddu, “sto lustro è per
tutta la gente, non è soltanto per me
oppure per te; se fa buio è buio per
tutti”. Non è tanto diverso dalla nave di
Calamandrei, no?
E veniamo infine alla questione delle leggi,
che a Calamandrei stanno molto a cuore
nella misura in cui sono infuse di vita. Di
il
FOGLIO
Umanitaria
dell’
Nuova
digitale
versione
impegno, di dinamica: le leggi non sono
scritte sulla roccia per sempre; non c’è
un dio che ce le consegna dall’alto immutabili.Sono e devono essere animate dalla
nostra azione quotidiana, e questa azione
è votata a viverle, a sentirle come giuste,
ma anche a migliorarle o a correggerle se
sono sbagliate. Anche in tal senso, la
Costituzione funziona come griglia di
ordine legale e morale insieme: oltre a
fornire una tavola di “leggi di base”, ci dà
anche la bussola per orientarci nel modo
in cui dovremmo definire le leggi future,
le norme più concrete. Oggi si parla
tanto di lavoro; bene! Articolo 36:“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo
lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza
libera e dignitosa”. Sono parole fortissime, e giustissime. Ma come fare in modo
che si concretino? Questo spetta alla più
vasta legislazione. La Costituzione è una
guida, ma non ci risolve i problemi in
automatico.
Così come le leggi, del resto: le leggi in
generale. Non basta dire “ci vogliono le
leggi, più leggi, più regole”, specie in un
paese che crea di continuo eccezioni. Il
legalismo non è il piatto riconoscimento
dell’obbedienza, ma il riconoscimento
della necessità di regole giuste. È costante sforzo etico di migliorare la società in
cui viviamo, e non prona accettazione
dell’esistente. Come vita dentro alle
parole, e come idea di una comunità –
uso questa parole bellissima, così carica
di senso – dove il potere e il suo abuso
(spesso tristemente coincidenti in Italia)
non innervino le relazioni. Che società
vogliamo? Davvero, che società vogliamo? Nessun altro può risolvere questo
problema per noi: e può sembrare
sconfortante,perché ci chiama a un compito. Ma poi pensiamo che nessun altro
può risolvere questo problema per noi, e
allora c’è di che gioire, perché siamo liberi, e dobbiamo difendere questa libertà
sopra ogni cosa.
Ed è qui che l’indignazione o la rabbia
non si fermano in sé stesse né divengono
ribellismo facile, ma si costituiscono –
questo il senso della Costituzione – per
diventare futura legge, più giusta e più
vera.
Calamandrei diceva che “ognuno di noi
può, colla sua oscura resistenza individuale, portare un contributo alla salvezza
del mondo”. Grazie a tutti quelli che non
cedono. Grazie a tutti quelli che, oscuramente o meno, resistono; e grazie a voi
per essere stati qui con noi.
IO DIFENDO L’AMBIENTE
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