Dopo il 13 novembre
nulla sarà più come prima
Gli attentati dell’Isis di venerdì 13 novembre a Parigi hanno cambiato per
sempre la nostra percezione non solo
dello stato islamico, ma anche del fenomeno dell’immigrazione. Un attacco
multiplo nel centro della capitale francese, in luoghi frequentati da giovani e
in quello che sembrava un normale fine
settimana, è un colpo inferto alla nostra
stessa sicurezza, al nostro stile di vita,
alla nostra libertà. Non a caso il quotidiano del Pd l’Unità ha definito la strage, in
un titolo di prima pagina, come “Il massacro della meglio gioventù”, ragazze e
ragazzi di 14 diverse nazionalità, per lo
più studenti o comunque intellettuali, europei e cosmopoliti, uccisi a un concerto, in un bistrot, davanti ad un ristorante,
come la ricercatrice italiana Valeria Solesin, 28 anni.
In questi giorni si susseguono le analisi
e i commenti politici e credo sia giusto
tenersi lontani dalla retorica stucchevole e inutile. L’Italia è impegnata con la
comunità internazionale nel contrasto
al terrorismo e all’avanzata dello stato
islamico e sta rafforzando ulteriormente
i protocolli di sicurezza interna. E’ certo
che il terrorismo dell’Isis si combatte con
l’unità della comunità internazionale e il
G20 dei giorni scorsi, con la riapertura
del dialogo tra Usa e Russia sulla sicurezza, rappresenta una speranza. Accanto a questo, tuttavia, nei talk show,
ma anche per le strade e nelle case,
tutti gli italiani si interrogano sulla possibilità di convivere ancora, in pace, con
i tanti stranieri, molti di religione musulmana, che arrivano nel nostro Paese in
modo clandestino e poi rimangono. La
domanda sorge spontanea ed è cavalcata dalle destre, in primis dalla Lega di
Salvini. Credo che questo interrogativo
sia legittimo e che la politica debba dare
risposte concrete. Continuare a vivere
in pace la nostra quotidianità si può e si
deve ed è la migliore risposta all’integralismo islamico che vuole seminare razzismo e paura in Europa, non solo per
mettere a repentaglio le nostre vite, ma
anche per fare proseliti tra i giovanissimi
musulmani, avere altra carne da macel-
lo per la chiamata alla Jihad e continuare l’espansione dello Stato islamico. Ma,
accanto alla sicurezza e ai controlli, noi
abbiamo due armi da utilizzare. La prima è quella di un’accoglienza più mirata
ai veri rifugiati. E’ un argomento antico,
che però adesso è quanto mai attuale.
Per evitare i ghetti e garantire prospettive è necessario distinguere tra chi scappa per motivi economici e chi fugge dalle
persecuzioni e dalla guerra. La seconda freccia al nostro arco è quella della
cultura e dell’integrazione. Da offrire,
ma anche da pretendere. Le comunità
islamiche che risiedono in Italia devono
avere il coraggio di condannare il terrorismo e la Jihad enza se e senza ma, così
come noi dobbiamo continuare a praticare i nostri valori della tolleranza e del
rispetto dei diritti umani.
Nicoletta Favero
Senatrice
Segretaria commissione Lavoro
Se studiamo i dati reali,
il migrante non ci invade
Prima ancora di provare a spiegare
le ragioni umane e civili per le quali il
Partito Democratico, dalla prima ora, si
onora di essere un partito accogliente,
è necessario presentare una serie di
dati, oggettivi ed europei, che spiegano
concretamente quale sia il fenomeno
migratorio e quale impatto esso abbia
sui nostri territori e sulle nostre vite.
Dobbiamo eliminare con cifre oggettive
un velo di sospetto e di disinformazione,
spesso strumentalizzata ad arte, che
presenta il richiedente asilo come un
soggetto ostile e pericoloso e, in molti
casi, un delinquente che vive a sbafo e
alle spalle della comunità. Non è così.
Con buona pace di chi oggi trova una
cinica convenienza politica nell’instillare dubbi, sospetti e talvolta paura fra la
gente. Il commissario agli Affari Economici della Comunità Europea proprio in
questi giorni ha spiegato quanto l’impatto economico dell’immigrazione sia leggero ma positivo, con un aumento del
prodotto interno lordo per l’Unione dello
0,2%-0,3% da qui al 2017. Sono numeri
che smentiscono i molti pregiudizi che
si vedono circolare in queste settimane
di un impatto necessariamente negativo
del fenomeno. Le persone che hanno
fatto domanda di asilo all’Unione Europea dall’inizio del 2014, in quasi due
anni, sono 1,2 milioni. Un flusso destinato ad aumentare giacchè le previsioni stimano in altri 2 milioni gli arrivi nel
biennio 2016-2017. Ed è proprio qui che
interviene la politica. Ed una buona politica sa assumersi concrete responsabilità, ben diverse dalla superficialità di chi
vuol parlare di emergenza sempre e solo
con accezione negativa e pessimistica.
La Germania ha fatto dell’accoglienza
addirittura un obiettivo strategico, capace di imprimere un impulso ancora
maggiore alla propria economia. Ed è al
primo posto della classifica europea con
700mila domande di asilo. L’Italia non
figura nemmeno fra i primi sette paesi,
eppure, a sentire certe polemiche non
suffragate dai numeri, sembriamo un
Paese invaso dai migranti. In Piemonte le strutture che accolgono richiedenti
asilo sono 316 ed ospitavano, al 5 ottobre scorso, 6489 persone. In tutto il 201
4 sono state 6.275. Dal 2 febbraio 2014
al mese scorso, nella nostra Regione
sono stati assegnati 10.427 richiedenti
asilo provenienti dalle operazioni Mare
Nostrum e Triton. Numeri, questi, che
confermano quanto spesso l’Italia sia
paese d’approdo ma non necessariamente di permanenza. Ecco il punto.
Possiamo, con queste cifre, parlare di
invasione? Io direi proprio di no.
Secondo uno studio, il 44% dei cittadini ritiene che ci sono troppi immigrati.
La percentuale, però, esattamente si
dimezza (22%) quando gli si mettono
sotto gli occhi i dati reali. Cioè la consistenza effettiva, inoppugnabile, della
presenza straniera in Italia. E semplicemente raccontando la verità agli italiani.
Vittorio Barazzotto
Consigliere regionale
Presidente commissione Bilancio