Profilo della gattara
Antropologicamente,
psicologicamente,
socio-
logicamente, la gattara è una figura completa- mente
diversa da chi ama il proprio gatto e, ancor più, da chi
alleva gatti di razza. Nemmeno una donna che vive con
molti gatti è una gattara, al massimo è una gattofila. La
reciproca passione tra donne e gatti, argomento
trattato spesso in modo frivolo, poggia su solide basi
etologiche. La gattara però non si dedica a un gatto,
et
tanto meno a un suo gatto, ma ai gatti. A tutti i gatti, ai
gatti in quanto tali. La differenza non è soltanto
quantitativa, ma qualitativa: il plurale è una
universalizzazione.
Dare da mangiare ai gatti liberi può sembrare una
pratica spontanea e casuale, in realtà, è quasi sempre
molto organizzata, dal procacciamento dei cibo alla
sua distribuzione. A seguito della legge 281, inoltre,
nutrire i gatti implica una notevole attività sociale
(relazioni con le istituzioni, comuni, vigili, Aziende
sanitarie locali ecc.), e implica la capacità di
riconoscere le gerarchie e i responsabili dei vari settori
ri
(per esempio, nel caso di scuole, capire se sono di
competenza comunale o provinciale o statale e quale è
la Asl di riferimento; nel caso di cantieri, capire chi è il
responsabile, chi decide sul campo e chi negli uffici, chi
è il proprietario e quale è l’assessorato competente e
così via). La gattara ha dovuto anche imparare quali
sono le leggi, la differenza tra Provincia e Comune, che
La gattara di oggi ha la legge dalla sua e lo sa. La
gattara di oggi vede le figure che prima erano nemiche,
i veterinari pubblici (il cui compito, in passato, era
reprimere e ammazzare gli animali), il sindaco, i vigili, la
polizia, come suoi aiutanti.
Q ueste figure in passato viste come ostili sono ora di
fondamentale importanza nella lotta verso le ostilità
rivolte ai gatti e nella lotta all'abbandono e al
randagismo.
I nfatti prima della legge 281 bisogna ricordare che uno
dei compiti tragici che la gattara si assumeva era
quello di uccidere i gattini neonati. Il criterio,
solitamente, era di ucciderli prima che aprissero gli
occhi. Molto usato era il metodo di affogarli, ma c’era
anche chi li metteva nel freezer. La gattara “doveva”
uccidere i gattini per evitare che la popolazione e la
sofferenza dei gatti crescesse a dismisura. In
so
particolare, cercava di scegliere ed eliminare le
neonate femmine, desti- nate a riprodurre altre
creature destinate alla sofferenza.
Attualmente per fortuna non è più cosi.La gattara
moderna agisce con la prevenzione, fa sterilizzare le
gatte (anche i maschi, ma questo è meno urgente). In
questo modo cerca di interrompere il flusso delle
nascite e dunque delle sofferenze e delle morti . Questo
cambiamento nella gestione dei randagi ha una
grande utilità pratica, ma anche simbolica, la
sterilizzazione chiude la fonte della vita per evitare il
st
dolore e la morte.
Molte gattare lo dicono anche espressamente, e può
sembrare paradossale, il loro desiderio è che non ci
siano più gatti randagi!!!!!!!!!!!
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