IL BRIGANTE ED IL GENTILUOMO Il brigante e il gentiluomo II | Page 28
da parte degli invasori piemontesi.
─ Principe, oggi mi sembrate un giovanotto – disse
Giovanni mentre avanzavano per le terre verdi e rigogliose
di Torremaggiore, San Severo e San Paolo tra i numerosi
latifondi.
Michele si era fatto sellare il cavallo. Non riusciva a ri-
nunziare di sentire la cavalcatura sotto di sè e stavano at-
traversando già da un’ora le note contrade. Sapeva che era
pericoloso alla sua età e con la salute malferma, ma non
poteva fare a meno di del contatto che legava lui all’ani-
male e l’animale alla terra rendendo tutto una sola cosa.
Procedevano piano ascoltando il silenzio rotto soltanto
dal vento e dai richiami degli animali silvestri; c’era una
brezza leggera che accarezzava i loro volti che gelavano
per un istante per poi lasciarsi scaldare dal sole.
La terra quasi gemeva sotto gli zoccoli; il galoppo rit-
mico degli animali ricordava una melodia. Il canto ipnotico
della natura, sussurrato dal vento, cantato dalle foglie e da-
gli uccelli lo mandava in estasi.
Michele osservava l’orizzonte cercando qualcosa nei
suoi ricordi, aspirando l’aria come volesse ingoiarla, come
se potesse sentire la storia, lo scorrere potente dentro di
sè della vita che adesso sognava … Si sentiva ancora
giovane e forte, ma la terra era ferita, caduta in
ginocchio sotto gli scossoni degli avvenimenti.
Camminava veloce con la testa coperta da un cappuc-
cio di lana scura, dietro di lui un manipolo di servitori e
fedeli ai Borboni, l’aria era pesante, tutti sospettavano di
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