I PIACERI DELLA VITE NUMERO 4 - SETTEMBRE 2017 | Page 48
La lunga premessa era dovuta, in questo caso,
per far meglio comprendere l’unicità di questi
vini a chi ne legge qui adesso, senza magari
aver mai avuto la possibilità di degustarli. Noi
invece abbiamo avuto il piacere di farlo ed è
per questo che oggi vi parleremo del Timox .
Questo è un vino prodotto in pochissime botti-
glie (appena 1000 nell’annata 2012) ottenuto
dalla macerazione sulle bucce di uve timoras-
so in purezza, con il mosto che viene lasciato
a fermentare in vasca scolma, con tanto di
fioretta. Il passaggio successivo è un parziale
elevaggio in vasi di ceramica, a cui segue
l’imbotigliamento senza filtrazione. Non a
caso, nella controetichetta è riportata un’ine-
quivocabile avvertenza da parte del produtto-
re: “ Si consiglia di capovolgere e agitare la bot-
tiglia per rimettere in sospensione l’eventuale
deposito ”. L’istruzione suddetta non è il solito
monito a decantare il prodotto prima servirlo.
E’ invece un vero e proprio invito a gustarlo
torbido, rimettendo in sospensione il fondo
che è parte vitale del vino e contribuisce a
completarne le proprietà organolettiche.
Un’altra accortezza per bere questo vino,
è quella di non servirlo troppo freddo. Anzi,
bisogna orientarsi più sulla temperatura di
servizio di un rosso che non su quella più adat-
ta a degustare un bianco o un rosato. Noi se-
guiamo alla lettera le “istruzioni per l’uso” di
Paolo. All’inizio però siamo molto indecisi su
quale pietanza sia meglio accostare ad un vino
del genere. Fondamentalmente il Timox è pro-
dotto da uve a bacca bianca, ma non è un vero
e proprio vino bianco. Non è nemmeno un ros-
so, anche se viene macerato per lungo tempo
sulle bucce come si fa con i grappoli a bacca
nera. La sua caratteristica tonalità cromatica è
un po’ una via di mezzo, ma non ha niente a
che vedere con il tipico “buccia di cipolla” dei
rosati. Si avvicina più al colore giallo ambrato
di un passito ma, chiaramente, non è nemme-
no questo. In realtà il Timox fa parte di una
particolare nicchia di vini, assolutamente
non convenzionali: sono i cosiddetti “ orange
wines ”, termine coniato dagli anglosassoni
per indicare quei vini dal colore arancione
dorato che vengono ottenuti da uve bianche,
ma mediante fermentazione del mosto con
prolungato contatto con le bucce degli acini.
Un procedimento di non facile realizzazione,
dal quale però i vini traggono non solo la
caratteristica tonalità, ma anche una maggio-
re complessità organolettica che, di fatto, li
rende una categoria a sé.
Dopo il primissimo assaggio realizziamo che
trattasi di un vino davvero estremo, troppo
strutturato e complesso per essere accompa-
gnato dal piatto che avevamo individuato ini-
zialmente. E così anche la nostra scelta si fa
radicale. Decidiamo di degustarlo da solo,
senza cibo. E soprattutto con la giusta calma.
Perché il Timox , un po’ come un vino da medi-
tazione, necessita dei suoi tempi per disten-
dersi ed aprirsi perfettamente al naso del
fortunato
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