PER NOI CHE NON FINIAMO DI NASCERE
Nota sulla serie pittorica dell’I KING di Lucio Maria Morra
Visioni. O esercizi di ascolto. Qui nessuno ci chiede risposte, qui si
aprono spiragli dove può irrompere nella vita profana un senso che
la trascende. L’intuizione dell’eterno mutamento, del mondo
fluttuante, così come sorgono da un flutto queste figure (I KING è
libro di mutazione…).
Caos e ordine: è l’intreccio di equilibri sempre in movimento,
sempre sul punto che precede l’assestarsi. Equilibri ritmati da
queste linee di rosso, da questi fondali verdi e ocra. E’ il movimento
stesso della vita.
E questo aprirsi sulla tela di strade previste e non previste porta gli
occhi, i nostri occhi, ad accendere luci dentro, quelle luci che
pensavamo esteriori.
Oracoli da non interrogare, perché ci interrogano, silenziosi, lontani
da ogni presunzione di venire spiegati con la sola mente. Certo, non
esigono risposta, ma una sottrazione di sé a sé, attraverso quel
tocco, che qui è tocco pittorico, che nello stesso tempo scopre e
vela. E ci dicono quel che in profondo già sappiamo e soffriamo: la
perenne metamorfosi, il capogiro dei pensieri, la mente che
interviene sempre un momento dopo…
Queste tele di Lucio Maria Morra sono pervase da una tensione
dominante che si esprime nel ritmo, nella ripetizione, nel vibrare
sottile. Non a caso si dice che ogni destino ami le ripetizioni, le
coincidenze, prima di diventare trama. Ecco, trama, in tutti i sensi,
a partire da quello più manuale di tessitura, trama è la parola che
riassume e condensa in stile pittorico questi canti di terra e di cielo.
C’è un mondo, fuori, che scivola via, a volte sconvolto, a volte
rasserenato. Lucio Maria Morra non oppone all’indecifrabile del
mondo altro che una sua forma felice. E leggera. Silenziosa come
cosa che si lascia cadere. In accordo con lo spirito zen che è
fondamentalmente antitragico.
Neti-neti, tutto ciò che appare è reale e non reale, fiore di
apparenza, così come tutto ciò che giunge a un estremo è destinato
a convertirsi nel suo opposto.