Fare Diversamente! Mi racconti di quando... a Rho | Page 54

rodensi lasciavano il lavoro di campagna per uno più redditizio nelle fabbriche, così rimanevano posti liberi per gli emigrati dove per loro ci sarebbe stato lavoro e pane.

Anche se la campagna della tenuta di Serrubino era grande, molte e troppe erano le braccia a coltivarla, e tante di giovanotti in età di lavoro rimanevano conserte, comprese quelle dei fratelli maggiori di Gino. Nella casa di mio nonno, la polenta non mancava mai: polenta e latte, polenta abbrustolita, polenta condita… ma sempre polenta era e Gino fremeva per il desiderio di sentire sotto i denti il sapore di un po’ di pane. Finalmente pochi giorni dopo San Martino arrivò una lettera dei Berta: diceva che a Rho vicino a loro si era liberato una casa e lavoro in campagna per i fratelli maggiori e altri in stalla per accudire le mucche.

Il problema era trovare il denaro per fare il trasloco. Il carretto che si utilizzava a San Martino, per trasportare la famiglia e le masserizie dei contadini da una cascina all’altra, non era utilizzabile. Ci voleva un camioncino, ma costava molto e dopo la morte del babbo la famiglia era così piena di debiti che nessuno voleva farle credito. I parenti si opponevano al trasferimento, volevano che Gino e Domenica di dodici e tredici anni andassero in collegio. Ma il fratello maggiore Imerio, era stato più risoluto di tutti: “Nella buona e cattiva sorte - disse - noi siamo una famiglia, e una famiglia deve rimanere sempre unita!”. Vendettero biciclette e oggetti cari, ma il ricavato non bastava per pagare il

camioncino e il proprietario voleva i soldi prima di partire. Solo Imerio sa con quale coraggio e quale umiliazione aveva nel cuore a prendere il treno che portava in città, dove abitava la zia Stella, sorella della povera mamma, con la quale non esistevano buoni rapporti. Portò con sé Gino: era la prima volta che saliva sul treno, gli tremavano un po’ le gambe, ma era il treno che sulle vecchie rotaie traballava. Dal finestrino, quando il treno aveva preso velocità, gli sembrava di vedere lo scorrere del verde di un unico grande prato, poi il bianco e il rosso del tetto di un’unica grande casa, non riusciva a distinguere i confini di tanto gli appariva grande quanto il mondo.

La casa di zia Stella era moderna e Gino rimase meravigliato di tante comodità: aveva l’elettricità, l’acqua corrente in casa e perfino, in un angolo, il servizio igienico. La zia non era benestante, però il marito e i figli lavoravano in fabbrica e qualche soldo l’aveva ormai da parte. Imerio le spiegò l’intenzione di trasferirsi con tutti i fratelli a Rho dove ci sarebbe stato lavoro e la possibilità di migliorare la loro condizione di vita. La zia sembrava favorevole, ma quando le chiese dei soldi in prestito, cambiò atteggiamento, divenne malfidente, pensando che mai più sarebbe ritornato a restituirli. Imerio, orgoglioso com’era, di scatto si alzò dalla sedia e fece per andarsene, ma poi fra la porta aperta si fermò e ancora una volta si umiliò, dicendole che se gli dava i soldi le avrebbe firmato una cambiale e al primo stipendio l’avrebbe pagata. La zia restò per un po’ titubante ma poi accettò.

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