Fare Diversamente! Mi racconti di quando... a Rho | Page 53

Fu una cerimonia maestosa e a Marika scesero lacrime di gioia. Ma poi pensando al marito e ai figli, cominciarono a scenderle lacrime di dolore. Certa che mai più sarebbe ritornata al suo paese, con una decisione dolorosa da madre che perde la vicinanza di uno dei suoi bambini, appena la cerimonia di incoronazione ebbe fine, all’istante abdicò per uno di loro, lasciando ai capi tribù del Bongo Tanga la scelta. Quelli non ebbero alcun dubbio: presero dalle mani di Marika la corona e la misero sul capo del futuro Re Edorino, in quanto dei due era più alto e robusto, sebbene avesse un anno di meno del primo, Agonico.

Marika visse per molti anni a Rho con suo marito e il principino Agonico e, come niente fosse accaduto, non se ne andò dalla villa dove aveva ricevuto tanto: rimase a fare la colf, prestando cure ai genitori della famiglia Banfi, che erano diventati anziani e di lei avevano bisogno.

'Emigrato a Rho

(dalla bassa Pianura Padana)'

di Gino Belinda

Alle tre in punto mio nonno Gino va al bar a giocare a carte con amici e spesse volte lascia il computer accesso, dove si diletta a scrivere racconti inserendo fantasie e fatti veramente accaduti durante la sua vita e oggi sto scoprendo la sua vita da piccolo, però guai a cambiargli una parola, si accorgerebbe e chiuderebbe il computer con una password.

Racconta che aveva undici anni quando la sua mamma venne a mancare e, dopo un anno, anche il suo babbo si era ammalato di un male incurabile a quel tempo. Gli zii andarono a prenderlo a scuola nella classe quinta elementare e lo accompagnarono vicino al padre. Venturino era il padre di una volta e raramente abbracciava i figli, ma ora che stava morendo con un fil di voce disse al figlio: “Dammi un bacio e dammelo forte, che un po’glielo porterò alla mamma”

Prima che il babbo morisse, spesse volte Gino si recava sul punto più alto del fienile e accucciato su una balla di paglia, da una feritoia del tetto, dove i passeri entravano per il riparo della notte, spiava il limpido cielo mosso da voli di rondini e, sotto, la grande pianura ricamata di spighe color oro, sullo sfondo la retta linea dell’orizzonte.

A scuola il maestro Renzo gli aveva detto che la terra è rotonda come una grande mela e, dove il cielo appoggiava, gli sembrava di vederla curvarsi all’ingiù e pensava che non era poi tanto difficile raggiungere la cittadina di Rho di cui la famiglia Berta, che era emigrata un anno prima, ne parlava bene: le fabbriche sorgevano come i funghi e gli abitanti

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