Fare Diversamente! Mi racconti di quando... a Rho | Page 42

Forse le sue spiegazioni non erano sempre interessanti, forse non si accorgeva neppure che nei compiti i ragazzi copiavano dai libri, ma raccontava il “De bello gallico” illustrando le tattiche con disegni di colline e legioni alla lavagna e i “Promessi sposi” da testo scolastico ritornavano ad essere una grande storia.

Era appassionata di archeologia e un giorno portò a scuola un pezzo di legno, legato con un nastrino da regalo: era il frammento di una palafitta. Aveva anche un’anforetta di vetro che purtroppo, passando tra le mani delle alunne, si ruppe e lei pianse.

Frequentava persone di buona cultura, ma non se ne fregiava.

Si diceva che fosse stata fidanzata, da giovane, con un collaudatore sul circuito di Monza, ma luì era morto e lei non si era più sposata. Viveva con la madre che era su una sedia a rotelle.

Questo, insieme al fatto che andò a trovare mia sorella in ospedale, benché non fosse più sua alunna da anni, le restituisce umanità ai miei occhi ed elimina in parte l’alone macchiettistico tramandato dai ragazzi.

Fu insegnante e vicepreside, fino a diventare Preside e lavorò fino a che le fu consentito.

Altra insegnante, della quale non ricordo il nome, è quella di Arte. Con lei gli alunni realizzarono il mosaico che ancora oggi è nell’atrio della scuola, posando migliaia di pietruzze colorate: don Abbondio in primo piano e alle sue spalle “quel ramo del Lago di Como”.

Ebbene, alcune di quelle pietruzze le ho messe io, con più orgoglio che perizia, a disegnare un pezzetto di montagna! Sempre, quando guardo i mosaici di una villa romana o di una chiesa, mi chiedo chi sia stato a mettere quel particolare tassello e quale fosse il suo stato d’animo, sperando che sentisse la stessa mia felicità, la quale ha fatto sì che io custodissi questo ricordo come una gemma.

Ricordo anche la docente di italiano e latino, in un vestito grigio con uno jabot di pizzo bianco, il volto serio, una certa dolcezza nei rari sorrisi.

Lei mi regalò uno dei momenti più dolorosi della mia adolescenza, uno di quelli che lasciano un segno indelebile, ed è per questo che la lascio lì, nella sua solitaria immagine di insegnante senza empatia.

Ultima, la professoressa Chiminello. La sua materia? Economia domestica, ormai scomparsa. Ci insegnava come gestire, a noi future donne di casa, l’organizzazione delle pulizie, il rammendo degli strappi, passando anche dai ricami e dalle ricette, con annesse illustrazioni. In qualche angolo di ripostiglio ho ancora il quaderno di mia sorella, sua allieva prima di me, e rivedo il disegno di due splendidi carciofi, perlopiù sconosciuti alla cucina popolare lombarda dell’epoca.

La Chiminello era ordinata, eretta nel portamento ed emanava tranquillità e compostezza.

Da lei ho ereditato una citazione di Giusti: “…in tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato…”. Come lei, l’ho usata nei miei anni di insegnamento per richiamare i bambini presi da altro.

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