Fare Diversamente! Mi racconti di quando... a Rho | Page 30

5- Di una fontana, e de l’esimia nobiltà de li antichi cavalieri

Dopo pochi passi mi trovo, alla mia sinistra, un poderoso saggio barbuto. Mi ricorda Socrate, ma non so chi sia. Incastrato in una grande nicchia, sovrasta una fontana su cui campeggia una scritta in latino: aestuanti refrigerium pacis et felicitatis omen. Se ho capito bene mi si augura il vero refrigerio, quello della pace e della felicità. Dev’essere per quello che di acqua dalla fontana non ne esce per nulla, e il pesce con la bocca aperta che dovrebbe sputare il “refrigerio effimero” se ne sta lì con gli occhi pallati per la gola secca. Ma forse è solo perché è novembre, e tanto stiamo al fresco lo stesso. Mi avvicino, e leggo che per quella fontana dobbiamo ringraziare un tal cavalier Magnaghi. Io lo ringrazio davvero, perché per le cose belle bisogna sempre ringraziare. E lo ringrazio anche perché il suo nome è elegantemente scritto in piccolo, mentre oggi le scritte sono in piccolo solo quando danno brutte notizie.

6- Di come il peregrino, traversando luoghi sacri, giunge al finale del cammino, e di come per vedere si deggia pria volerlo fare

Supero l’ingresso del cortile del santuario, in punta di piedi, per non svegliare i due leoni di pietra che dal 1918 sonnecchiano ai due lati dell’entrata. I due enormi profeti che fiancheggiano il portone del santuario richiamano la mia attenzione: c’è un Geremia pensieroso, e un Isaia che mi pare abbia più voglia di comunicare, forse anche perché nel momento in cui lo guardo è illuminato dal sole.

Rimango fermo un attimo, indeciso se entrare nel santuario. L’odore delle foglie d’autunno si mischia a quello di un signore attempato e traballante che mi passa di fianco; uno di quelli per bene, di una volta, di quelli che quando è il giorno del Signore ci si profuma e ci si mette la cravatta. Decido di proseguire, perché la cappelletta è ormai vicinissima; costeggio quindi il santuario, svolto a sinistra, e sono arrivato. Certo, non ho viaggiato per mesi con sandali e bisaccia, ma un sorriso mi scappa lo stesso. Eccolo lì, è proprio scritto bene in grande, sopra la porta: “Qui pianse la Vergine Maria in sua immagine addolorata il 24 Aprile 1583”. Chissà come ho fatto a non farci mai caso. In fondo bisognava solo guardare, prestare attenzione. Come sempre.

7- Di come’l nostro siede d’inanzi a la Madonna, e di come li miracoli si veggiono co’l core

Mi avvicino alla porta e… è aperta! Non so perché ma me la aspettavo chiusa, quindi mi sembra già un miracolo. Entro e chiudo la porta dietro di me. Mi siedo. Silenzio.

Eccolo lì il dipinto. La Madonna nel quadro continua a non piangere, ormai da più di quattrocento anni. Mi pare un buon segno; forse non stiamo andando così male come sembra.

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