Dance&Culture N°1-2-3/2017 D&C16-1-2-3-2017 | Page 45

Così mi presentai dal medico militare col kajal agli occhi, braccialetto al polso e im- provvisai. Non mi hanno neppure per- messo di rientrare nella mia stanza per riprendere le mie cose: essere gay equivaleva ad essere un malato infettivo. Quando feci questa dichia- razione mi trovavo nell’isola di Man, fui messo su un ae- reo e spedito in un ospedale psichiatrico. Fu un’esperienza pazzesca, ma lì incontrai il pri- mo grande amore della mia vita. Lui era assistente medico, stava facendo il militare all’in- terno dell’ospedale, era un pittore irlandese molto colto e molto bello. La notte, quando ero in ca- merata, veniva a bussare alla mia finestra e io scappavo per andare con lui al Pub a bere vino rosso mentre lui fumava la pipa. Qualcuno probabil- mente notò questi nostri movi- menti e una notte arrivò la po- lizia militare con i cani. A quel punto anche a lui si autode- nunciò come gay, per evitare seri problemi. Quando fummo dimessi ini- ziammo la nostra vita insieme. Avevo 18 anni e finalmente ero libero dal servizio militare, ero a Londra con il sole e il mio amore, cosa avrei potuto desi- derare di più? Di cosa vivevate? Ecco mi piacerebbe rispon- derti di amore e in parte fu cosi, lui dipingeva ed io ero il suo modello oltre a conti- nuare le mie lezioni di danza ma la situazione era troppo bohémien, per cui iniziai a fare il modello anche per una scuola d’arte oltre che lavora- re in qualche bar. Durò poco perché dopo solo un anno di convivenza, il mio compagno si innamorò di una sua modella che veniva dalla campagna, un vero cliché, ed io rimasi solo. Provai un dolore indescrivibile. Senza aver vis- suto il dolore di un cuore spez- zato non credo che avrei mai potuto creare Flowers. Come percepisci la danza oggi? Negli anni ‘60 era più facile trovare danzatori con apertu- ra mentale. Oggi ritengo che i ballerini, i coreografi, siano più chiu- si, contorti, in questa danza contemporanea. Si rotolano, soffrono, si intorcinano su loro stessi e in parte hanno allon- tanato il pubblico dalla dan- za. Ecco perché c’è poco pubbli- co per la danza, se ne fa tan- ta ma noiosa. Bisogna saper interessare e intrattenere. Credo sia ne- cessario portare gioia nella vita delle persone, soprattut- to in questo periodo. Shakespeare diceva che l’ar- te è uno specchio che rispec- chia la vita; ci sono anche i momenti tragici, ma nel Tea- tro Greco la tragedia è purifi- catrice. “Non imito i miei eroi, li sposo e sento di avere la loro benedizione riguardo al mio operato.” 45