Così mi presentai dal medico
militare col kajal agli occhi,
braccialetto al polso e im-
provvisai.
Non mi hanno neppure per-
messo di rientrare nella mia
stanza per riprendere le mie
cose: essere gay equivaleva
ad essere un malato infettivo.
Quando feci questa dichia-
razione mi trovavo nell’isola
di Man, fui messo su un ae-
reo e spedito in un ospedale
psichiatrico. Fu un’esperienza
pazzesca, ma lì incontrai il pri-
mo grande amore della mia
vita. Lui era assistente medico,
stava facendo il militare all’in-
terno dell’ospedale, era un
pittore irlandese molto colto e
molto bello.
La notte, quando ero in ca-
merata, veniva a bussare alla
mia finestra e io scappavo per
andare con lui al Pub a bere
vino rosso mentre lui fumava
la pipa. Qualcuno probabil-
mente notò questi nostri movi-
menti e una notte arrivò la po-
lizia militare con i cani. A quel
punto anche a lui si autode-
nunciò come gay, per evitare
seri problemi.
Quando fummo dimessi ini-
ziammo la nostra vita insieme.
Avevo 18 anni e finalmente
ero libero dal servizio militare,
ero a Londra con il sole e il mio
amore, cosa avrei potuto desi-
derare di più?
Di cosa vivevate?
Ecco mi piacerebbe rispon-
derti di amore e in parte fu
cosi, lui dipingeva ed io ero
il suo modello oltre a conti-
nuare le mie lezioni di danza
ma la situazione era troppo
bohémien, per cui iniziai a
fare il modello anche per una
scuola d’arte oltre che lavora-
re in qualche bar.
Durò poco perché dopo solo
un anno di convivenza, il mio
compagno si innamorò di una
sua modella che veniva dalla
campagna, un vero cliché, ed
io rimasi solo. Provai un dolore
indescrivibile. Senza aver vis-
suto il dolore di un cuore spez-
zato non credo che avrei mai
potuto creare Flowers.
Come percepisci la danza
oggi?
Negli anni ‘60 era più facile
trovare danzatori con apertu-
ra mentale.
Oggi ritengo che i ballerini,
i coreografi, siano più chiu-
si, contorti, in questa danza
contemporanea. Si rotolano,
soffrono, si intorcinano su loro
stessi e in parte hanno allon-
tanato il pubblico dalla dan-
za.
Ecco perché c’è poco pubbli-
co per la danza, se ne fa tan-
ta ma noiosa.
Bisogna saper interessare e
intrattenere. Credo sia ne-
cessario portare gioia nella
vita delle persone, soprattut-
to in questo periodo.
Shakespeare diceva che l’ar-
te è uno specchio che rispec-
chia la vita; ci sono anche i
momenti tragici, ma nel Tea-
tro Greco la tragedia è purifi-
catrice.
“Non imito i miei eroi,
li sposo e sento di avere
la loro benedizione
riguardo al mio operato.”
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