pensata e adeguata agli arti-
sti; detto questo c’è anche un
risvolto della medaglia che io
mi sento di non condividere
appieno.
La mia sofferenza sta nelle
troppe produzioni che vanno
in scena in un anno. Mi pare
che ci sia più attenzione per la
quantità rispetto alla qualità.
Il ballerino è divenuto a sua
insaputa coreografo, questa
modalità, soprattutto mitte-
leuropea, di mostrare ai co-
reografi le proprie improvvi-
sazioni ha fatto si che spesso
il lavoro sia un mero copia
incolla; altri sono più capaci
nell’indirizzare ma il dispendio
di energia intellettuale e fisica
sono notevoli. Ti viene richie-
sto talmente tanto da tutti che
tu non hai più idee, il ballerino
viene sfinito dal coreografo e
gli viene trasferita una respon-
sabilità che non dovrebbe
essere la sua: il ballerino non
può e non dovrebbe sostituirsi
al coreografo.
Quindi, vuoi dirci che non è
tutto rose e fiori?
Comprendo benissimo che,
per chi non ha lavoro, quello
che dichiaro sia un’eresia, ma
anche in Germania si esige lo
‘sbigliettamento’, si chiedono i
numeri e si deve essere forti a
far fronte a tutte le aspettati-
ve. Così, però, si diviene ope-
rai e questo a me non piace.
Stanchezza, sfinimento, ten-
sione; alcuni colleghi, quando
lasciano, hanno bisogno di un
anno sabbatico per imparare
ad amare nuovamente questo
lavoro; so che mi considerate
un privilegiato e sarò, forse,
poco grato ma così è.
Infatti, uno immagina che il
mondo artistico fuori dall’Ita-
lia sia un mondo dorato…
Ci sono anche qui i punti di
debolezza. Di contro siamo
privilegiati per tutta una se-
rie di garanzie che prima ho
21