DANCE&CULTURE Magazine n°1/2015 | Page 59

nell’ascolto e utilizzare la ripetizione come momento di continua scoperta e non come una azione puramente meccanica. Quindi, senza che il raggiungimento del risultato interferisca con il processo. In che modo il metodo può contribuire a un nuovo stile di danza? L’ha già fatto. In America negli anni ’70 c’è stata una grande rivoluzione in tutte le arti e quindi anche nella danza contemporanea; molti danzatori e coreografi sono venuti in contatto con nuove tecniche di movimento come il Feldenkrais, il metodo Alexander, il Body Mind Centering, lo Yoga, le arti marziali…ed hanno creato nuove tecniche quali il Release, il Contact Improvisation e varie altre. Qual è stata la tua motivazione ad avvicinare il metodo Feldenkrais, voluta o casuale? L’ho conosciuto negli anni ’80 ad Amsterdam dove arrivavano tutte le nuove scoperte dall’America, ma ero molto giovane e non capivo cosa fosse quella cosa lenta e noiosa. Poi negli anni, nel mio lavoro di ricerca personale e performativa, ho deciso di entrare nel mondo del Feldenkrais e diven- tare Insegnante per avere più consapevolezza del movimento e raffinare l’osservazione verso l’altro; questo aiuta sia nel lavoro con i danzatori per creare una coreografia, sia nel momento dell’insegnamento. Ma è stato molto più di quello che mi aspettavo! Ti interessava questo approccio integrato? Sì certo, perché è utile nella vita quanto nel lavoro di creazione coreografica. La consapevolezza della respirazione incide sulla qualità del movimento? E’ bello pensare e realizzare che tutto il corpo può respirare. Qual è il tuo prossimo progetto? In questo ultimo anno ho iniziato un progetto ‘Leggere nel maldestro’ utilizzando diversi linguaggi per indagare il concetto di asimmetria (danza, fotografia, video) e naturalmente la prima ispirazione è venuta sempre da Moshe Feldenkrais!! www.encanto.it 59