DANCE&CULTURE Magazine n°1/2015 | Page 4

Cosa ha portato EDITORIALE in dono alla Danza italiana U Babbo Natale? Una bella nuova domanda Ministeriale, la cui unica novità è la tanto agognata triennalità. Ad una più attenta lettura però, si scopre che la riforma non è poi così allettante: ogni anno si è chiamati a reinserire nelle griglie predisposte dal Ministero dati che si trasformeranno in coefficenti atti a determinare le somme da elargire. Sono decisamente troppi i numeri e le percentuali a guisa di paletti posti a determinare l’ottenimento o meno di una sovvenzione, quasi a deresponsabilizzare chi al MIBACT dovrebbe individuare chi tra i richiedenti merita di ottenere il contributo. E’ sicuramente più semplice attribuire ad un sistema numerico la responsabilità di far sopravvivere il più forte. Ma un progetto artistico può essere delegato a un sistema prettamente numerico? Lo spettacolo, l’arte in generale, necessita di logiche con valutazioni che in sé hanno un rischio basato su una progettualità modulare che non può essere troppo imbrigliata. La triennalità dovrebbe dare la tranquillità di un contributo certo, naturalmente giustificato e rendicontato. Solo al termine del triennio però, si dovrebbero tirare le somme del lavoro svolto e rivalutare i soggetti per un eventuale aumento o diminuzione di contribuzione, se non addirittura per il suo azzeramento. Certo, è giusto che ogni anno compagnie, circuiti e festival si- 4 ano chiamati a presentare un consuntivo dal quale si evinca come e in che maniera siano stati spesi i soldi pubblici e quali siano stati i risultati in termini di date e pubblico. Se, però, si vuole aiutare il settore, sarebbe necessario anche creare una condizione di maggiore serenità per un periodo più lungo, al termine del quale dover dimostrare di aver portato a buon fine gli obiettivi che il Ministero fa bene a pretendere. Sino a quando gli stanziamenti culturali saranno legati al FUS che è legato al bilancio annuale dello Stato di quale triennalità vogliamo parlare? Monica Ratti In questo periodo dell’anno, chiunque chiami, non troverai nemmeno un operatore del settore disposto a darti ascolto: sono tutti impegnati, disperatamente occupati a compilare le famigerate griglie delle domande Ministeriali. Chi si confronta con le Istituzioni pubbliche sa bene che in Italia non è possibile sapere il giorno prima cosa si può fare il giorno dopo e gli operatori, compresi quelli che dipendono anche dai contributi regionali e comunali dai quali enti non riescono ad ottenere risposte certe, sono costretti a lavorare di fantasia nella progettazione e pianificazione a lunga scadenza che la compilazione gli impone. Prendiamo, ad esempio, anche solo i bandi del Comune di Roma o di Zetema, che escono con tempistiche ai limiti dei confini della realtà, ovvero nemmeno una ventina di giorni prima della scadenza per la presentazione della domanda, con graduatorie in linea dopo un mese e partenza dei progetti a sole poche settimane di distanza. Quale potranno mai essere i risultati in qualità organizzativa, preparazione professionale e riscontro di pubblico per un prodotto organizzato al volo e per di più senza un’adeguata tempistica di promozione? Neanche il tempo di chiedere il patrocinio di un qualsivoglia Ministero. Per quello del Ministero dei Beni Culturali ci vogliono quattro mesi e per averlo a volte bisognerebbe richiederlo, in via ‘eventuale’ prima della partecipazione al Bando, hai visto mai...