Confluenze
esperienze di pesca a mosca
Foto di copertina:
“Pesci alternativi”
di Marco Viganò
Una realtà anomala ed inacettabile
A volte basta poco per scatenare in me la voglia di scrivere ed esternare disagi, brutture e
riflessioni. Non ultima, l’uscita di pesca della scorsa settimana, una triste uscita che ha messo
a nudo, per l’ennesima volta, quello che spesso siamo capaci di creare e di condividere per la
nostra malvagia soddisfazione.
Metà settimana, noi siamo tra i fortunati che possono decidere, senza problemi, quando andare
a pescare. Siamo ad inizio stagione e non è ancora facile decidere i posti giusti, perciò mi
faccio convincere da un nuovo itinerario (almeno per me!) dove potremmo trovare qualche
temolo che bolla e una buona densità di trote, tante, ma non di generosa dimensione. Guido io
e in un paio d’ore (un tempo classico per raggiungere luoghi di pesca in un raggio accettabile),
arriviamo alle montagne di mezzo, piuttosto vicini ad un lago. Il paesaggio è quasi gradevole,
ma qualche bruttura adiacente al fiume non gratifica l’immagine. Ci procacciamo il libretto di
pesca che consente di accedere al fiume; non si paga e questo presupposto, prelude qualche
cattivo presagio. Mi informo un po’ da quelli del posto e da altri frequentatori. C’è chi parla …
bene e c’è chi parla e basta, nel complesso capisco che non è tutto molto chiaro.
Mi devo fidare, ormai sono qui, quindi proviamo.
L’acqua è bella, chiara, trasparente, le sponde un po’ degradate con tracce visibili di residui di
accessori usati per altre pesche. Qui è tutto libero, non ci sono restrizioni se non sulle
dimensioni dei pesci (un po’ restrittive, da verificare). Peschiamo, ma la nostra “caccia” non è
troppo fruttuosa; pochi i segni di presenze in acqua e minime quelle in superficie. Presentiamo
a questi rari e ignari avversari i nostri artificiali e salpiamo solo piccole meravigliose trote
autoctone che a detta dei soliti esperti, è il massimo che questo fiume concede.
Ritentiamo, non cambia nulla.
Confluenze 3