Confluenze Magazine Nt. 17 Speciale Nr. 6 Anno 1 20013 | Page 86
Si stava facendo scuro e io avevo già
chiuso la canna da spinning mentre lui,
imperterrito, continuava a pescare come
se niente fosse, così mi sedetti e stetti a
guardare: volteggiava elegantemente la
lenza sopra la sua testa stendendola
prima indietro e poi tutta in avanti con
gesti precisi e sicuri, come se fosse la
cosa più naturale del mondo. Non distinguevo bene le mosche che posate sull’acqua erano l’unica cosa che scendeva la
corrente, la lenza e il finale le teneva ben
fuori sollevando lentamente la punta della
canna. Quello che vidi bene però furono
le bollate: una, due, tre, le trote salivano
in continuazione quasi una ogni lancio!
Io ero letteralmente incantato, ricordavo
le uscite e le catture quando lo seguivo da
piccolo, ma non avevo l’età per capire
bene cosa stesse facendo, ora invece restavo a bocca aperta a guardarlo: una ferrata dopo l’altra, numerose trote
marmorate e ibridi di buona taglia, vennero a riva una dietro l’ altra. D’un tratto
mi resi conto che stavo osservando una
cosa unica, mio padre in quel momento
era un Dio per me, un essere a metà fra
un pesce ed un uomo che vedeva tutto,
capiva tutto e sul torrente sapeva dove
lanciare, come e quando ferrare e individuare il pesce quasi al buio! Prendeva così
tante trote che neanche in un mese io
avrei eguagliato quello che lui stava facendo in un’ora.