Confluenze Magazine Nt. 17 Speciale Nr. 6 Anno 1 20013 | Page 76

Era il mese di Giugno e io avevo tredici anni, da un paio di anni mi dedicavo alla pesca a spinning per ore e ore nei dintorni di Varallo Sesia, il paese dove sono nato e nei torrenti più su in valle durante le ferie estive, quando ci spostavamo nella casa in montagna. Mio padre dopo avermi portato a pesca con se fin dall’età di quattro anni, attaccandomi una vera “malattia”, era ormai da qualche stagione che aveva rinunciato a prendere il permesso ed i miei risultati in pesca senza di lui, erano decisamente modesti. Improvvisamente quel giorno mi disse che aveva appena rinnovato la licenza e che sarebbe passato a prendermi verso le 19.00 per andare insieme a fare una uscita sul torrente Mastallone. Io ero felice di rivederlo in azione perché finalmente avevo l’età per comprendere i segreti della tecnica e non vedevo l’ora di poterlo seguire sul fiume. Arrivò puntuale con la sua canna valsesiana e i cosciali nel bagagliaio dell’auto, le scarpe erano l’unica cosa che si cambiava, per il resto pescava con i normali abiti utilizzati al lavoro: jeans e camicia. Mentre risalivamo la Val Mastallone, improvvisamente accostò in un punto dove il torrente costeggiava la strada. Scese e si accese una sigaretta iniziando a fumare beatamente rivolto verso una grossa buca dove l’acqua scorreva lentamente proprio sotto di lui. Io ero ancora sull’auto e guardavo l’orologio nervosamente, erano già le 19.30 e temevo che se non ci fossimo sbrigati, saremmo stati presto sorpresi dall’arrivo della notte e il tempo per pescare sarebbe diventato troppo breve.