Una storia d’amore lunga dieci anni ormai,
che mi ha portato a fare anche cose (secondo molti) poco consone, come ad esempio farmi due tatuaggi dedicati a questa
passione che riempie ormai ben più del mio
tempo libero. All’inizio non sapevo davvero
come muovermi, perché è vero che pescavo
dall’età di sette anni, ma questa era un’altra
storia. Tra libri, maestri (o presunti tali) e soprattutto giornate sui fiumi (Aniene in primis)
cominciai a prenderci la mano e soprattutto
iniziai a catturare pesci, che è la cosa che alla
fine davvero intrappola. Già perché non solo
iniziai a pescare con la coda di topo o con la
canna da frusta, come la chiamano in molti di
altre tecniche, ma iniziai da subito a studiare
gli insetti e a costruire le mosche per conto
mio. Una tecnica apparentemente complessa,
una mosca fatta da me e una trota dall’altra
parte del filo … questo il cocktail che mi ha
fatto scivolare nella perdizione definitivamente. Con una scelta improvvisa, lasciai la
Tying
mia squadra di pesca di cui ero anche presidente e con la quale vinsi due titoli regionali
di trota lago e iniziai a pescare esclusivamente a mosca. E’ stato un po’ come tornare
bambino, ogni cattura era una cosa fantastica, ingannata da mosca fatta da me …
l’apoteosi vera.
Non smetterò mai di ringraziare amici (e nemici, pochi per la verità) che mi hanno accompagnato durante gli anni; soprattutto
quando decisi nel 2010, di fondare Pamgea,
col desiderio di creare qualcosa che potesse
trasmettere la passione mia e dei miei amici
per la pesca a mosca. Oggi è una bella realtà
italiana e non solo, dovunque andiamo ci riconoscono, salutandoci e facendoci i complimenti soprattutto per la semplicità con cui
diffondiamo il nostro amore verso l’ambiente
e questo sport. Grazie ai social network abbiamo molti followers e proprio attraverso
questi innovativi mezzi di comunicazione ho
avuto la possibilità di conoscere prima vir-
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