Confluenze Magazine Nt. 17 N°7 Anno 2 2014 | Page 146

Una storia d’amore lunga dieci anni ormai, che mi ha portato a fare anche cose (secondo molti) poco consone, come ad esempio farmi due tatuaggi dedicati a questa passione che riempie ormai ben più del mio tempo libero. All’inizio non sapevo davvero come muovermi, perché è vero che pescavo dall’età di sette anni, ma questa era un’altra storia. Tra libri, maestri (o presunti tali) e soprattutto giornate sui fiumi (Aniene in primis) cominciai a prenderci la mano e soprattutto iniziai a catturare pesci, che è la cosa che alla fine davvero intrappola. Già perché non solo iniziai a pescare con la coda di topo o con la canna da frusta, come la chiamano in molti di altre tecniche, ma iniziai da subito a studiare gli insetti e a costruire le mosche per conto mio. Una tecnica apparentemente complessa, una mosca fatta da me e una trota dall’altra parte del filo … questo il cocktail che mi ha fatto scivolare nella perdizione definitivamente. Con una scelta improvvisa, lasciai la Tying mia squadra di pesca di cui ero anche presidente e con la quale vinsi due titoli regionali di trota lago e iniziai a pescare esclusivamente a mosca. E’ stato un po’ come tornare bambino, ogni cattura era una cosa fantastica, ingannata da mosca fatta da me … l’apoteosi vera. Non smetterò mai di ringraziare amici (e nemici, pochi per la verità) che mi hanno accompagnato durante gli anni; soprattutto quando decisi nel 2010, di fondare Pamgea, col desiderio di creare qualcosa che potesse trasmettere la passione mia e dei miei amici per la pesca a mosca. Oggi è una bella realtà italiana e non solo, dovunque andiamo ci riconoscono, salutandoci e facendoci i complimenti soprattutto per la semplicità con cui diffondiamo il nostro amore verso l’ambiente e questo sport. Grazie ai social network abbiamo molti followers e proprio attraverso questi innovativi mezzi di comunicazione ho avuto la possibilità di conoscere prima vir- Confluenze 146