SMART CITY E SMART LAND
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La città diffusa può essere smart?
Le aree urbane a bassa densità hanno fino-
ra significato un utilizzo pro capite di energia
per la mobilità molto più elevato di quello tipi-
co delle aree ad alta densità per la prevalenza
della modalità privata (automobile). Per ridurre
l’impatto ambientale la risposta di governan-
ce che in teoria va per la maggiore è quella di
favorire gli addensamenti, partendo dai divie-
ti di nuove costruzioni (le normative contro il
consumo di suolo promosse anche dalla UE).
Ricostituendo nuclei urbanizzati densi – pare
il ragionamento – diventa possibile adottare la
tradizionale risposta alla richiesta di mobilità,
ossia il trasporto pubblico, e versioni “light” di
alcune delle risposte nuove, come il noleggio
a brevissimo termine.
La motivazione profonda che favorisce la dif-
fusione urbana però persiste: la cosiddetta
“fuga dalla rendita”, ossia ricerca di costi più
bassi per gli insediamenti abitativi ed econo-
mici. Le ricerche scientifiche hanno dimostrato
la correlazione diretta tra livello dei costi di in-
sediamento e limiti (urbanistici, ambientali, alla
mobilità) esistenti e che densità e limiti vanno
di pari passo.
La via d’uscita che è emersa a Future Mobility
Week è la tecnologia. Per fare alcuni esempi
meno tradizionali: robotaxi a guida autonoma;
Mobility as a Service estesa a tutti i compo-
nenti modali, comprese aree di sosta e di rica-
rica, con garanzia del livello di servizio (preno-
tazione posto e ri-schedulazione automatica);
pianificazione dei percorsi con aggiornamento
in tempo reale direttamente in-vehicle; utilizzo
della terza dimensione (droni per il trasporto di
persone e merci).
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