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CITY LIFE MAGAZINE N.33
erché le utility si stanno, sempre con
maggior impegno, occupando di
smart city? La domanda non è affatto
retorica. Osservando la storia – centenaria
– delle utility italiane emerge come queste
realtà fortemente territoriali abbiano giocato
un doppio ruolo nei confronti dei soggetti che
in città e sul territorio vivono e operano. Le
aziende di pubblica utilità da una parte hanno
contribuito a migliorare e modernizzare la
vita nei centri urbani dando ai cittadini servizi
come luce, gas, acqua potabile fredda e
calda, dall’altra sono diventate promotrici
di sviluppo e competitività dei locali sistemi
imprenditoriali che di quei servizi potevano
usufruire.
Questo ruolo centrale nella storia delle
comunità locali e dei territori (più o meno
densamente
urbanizzati),
certamente
non voluto e nemmeno conseguenza di
precisi piani strategici, è continuato anche
nei successivi decenni del secolo scorso.
È sufficiente pensare agli anni Novanta,
quando nel boom della diffusione di internet,
i territori italiani si trovavano in pieno digital
divide, con un reale e generalizzato accesso
al web ancora molto scarso: in quel caso, in
assenza di una strategia a livello nazionale
sono state le utility, spesso in concerto
con le amministrazioni locali, a colmare il
gap esistente e a sodisfare una domanda
sempre più grande.
Attualmente il tema si sposta sui servizi
e soprattutto sulla logica digitale che sta
dietro e informa le città intelligenti. Si parla
ormai di smart utility, poiché non esiste più
ambito aziendale o servizio che non abbia
un contatto con le nuove tecnologie. Smart
metering nel caso dei contatori elettronici,
elettrici, gas e presto acqua, smart lighting per
l’illuminazione pubblica, smart waste per la
raccolta differenziata dei rifiuti: l’innovazione
tecnologica – rivoluzionaria – del digitale
entra prepotentemente negli ambiti di lavoro
di una utility. E di conseguenza, proprio in
forza della posizione ricoperta, del loro
essere a diretto contatto con la cittadinanza,
le utility diventano i soggetti che danno reale
consistenza alla cosiddetta smart city.
Tuttavia, non bisogna confondere l’evoluzione
tecnologica di una città, il suo diventare
moderna e il suo normale progredire – dove
soluzioni obsolete vengono soppiantate da
altre più nuove e performanti – con l’essere
smart. L’intelligenza non sta nell’avere
semafori, lampioni, contatori evoluti ma nella
capacità di trasformare questi avanzamenti
tecnologici in leve abilitanti, strumenti
all’interno di un progetto più ampio,
complesso e di lungo periodo. Un progetto