City Life Magazine 31 | Page 41

ARTICOLI 41 riparazioni-installazioni (17), commercio (15) e hospitalty & travel (15). La motivazione principale è la limitata applicabilità nella loro realtà, come dichiara il 53 per cento delle aziende, seguita dal disinteresse da parte del management (11) e dal limitato grado di digitalizzazione dei processi (7). La pubblica amministrazione Nonostante gli apprezzabili sforzi a livello normativo (l’approvazione della legge, le iniziative del dipartimento Pari Opportunità e la direttiva della riforma Madia), lo smart working nella pubblica amministrazione è solo all’inizio. Solo il 5 per cento delle pubbliche amministrazioni italiane coinvolte nella ricerca ha progetti strutturati di smart working, mentre un altro 4 per cento dice di praticarlo informalmente. A differenza di quanto avviene nelle PMI sono in pochi a non conoscere per nulla il concetto di smart working (3 per cento) e quasi la metà del campione (48) dichiara interesse per una prossima introduzione. Al tempo stesso, il 32 per cento delle pubbliche amministrazioni ammette esplicitamente assenza di interesse o di non sapere se sarà introdotta in futuro. Le motivazioni principali sono la percezione che non si possa applicare alla propria realtà (66 per cento) e la percezione di carenze di normativa. “Come nel settore privato, nel pubblico sono gli enti di maggiori dimensioni i più propensi ad approcciare questo nuovo modo di lavorare: il 67 per cento degli enti che dichiara di avere già iniziative, formali o informali o di volerle introdurre entro i prossimi 12 mesi, occupa oltre 100 addetti – sostiene Corso –. Le iniziative presenti, però, molto spesso sono in fase sperimentale e vedono il coinvolgimento di una popolazione molto contenuta, di solo poche unità. Il gap maggiore con la grande impresa si riscontra nell’adeguatezza di dotazione tecnologica per il lavoro da remoto: solo il 58 per cento degli enti pubblici ha una dotazione adeguata, contro l’88 delle grandi aziende”.