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sullo sviluppo di nuove forme di smart
working per figure professionali che
attualmente non lo possono praticare
(63 per cento) e sulla diffusione di una
cultura basata sulla definizione di obiettivi,
la responsabilizzazione sui risultati e la
valutazione delle performance (63 per
cento).
“Tra i principali obiettivi di evoluzione
dei progetti di smart working maturi c’è
quello di traghettare le organizzazioni
verso una cultura del lavoro meno
legata al presenzialismo e più volta al
risultato, una result based organization
– commenta il responsabile scientifico –.
Le organizzazioni che hanno progetti
strutturati di smart working hanno
compreso la necessità di basare il
lavoro sulla valutazione del risultato e in
un numero crescente di organizzazioni
esistono forme di valutazione
dell’andamento dei progetti. Purtroppo,
esclusi i casi evoluti, il rischio è quello
di fermarsi solo all’effetto moda, anche
per i limiti nella cultura manageriale delle
imprese nel nostro Paese”.
Nelle PMI lo smart working è ancora un
fenomeno emergente. Il sette per cento
dichiara di avere iniziative strutturate
di lavoro agile; il 15 per cento, pur non
avendo iniziative strutturate, lavora di
fatto informalmente in questo modo; il 3
per cento prevede di lanciare un’iniziativa
entro i prossimi 12 mesi e il 12 per
ceno è in generale possibilista in merito
all’introduzione.
Le motivazioni principali che guidano
l’interesse delle piccole e medie
organizzazioni verso lo smart working
sono il miglioramento della produttività
e della qualità del lavoro (67 per cento),
del benessere organizzativo (27) e
della conciliazione tra vita privata e
professionale (16). Tuttavia, il 40 per
cento non è interessato all’introduzione
dello smart working: si tratta soprattutto
di aziende che operano nei settori
manifatturiero (33 per cento), costruzioni-