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hi volesse avere un’idea precisa del cyber
crime nel mondo non ha che da scorrere
le pagine del Rapporto Clusit 2016, pubblicato
ogni anno dall’Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica. Lì potrà trovare la descrizione puntuale di casi di attacchi informatici e
dei suoi esiti nefasti, che non hanno risparmiato
nessuno: colossi del mondo bancario, grandi
gruppi internazionali dell‘e-commerce, multinazionali dell’abbigliamento, catene di negozi
di bricolage mettendoli in grande difficoltà.
Sono casi concreti, quelli che hanno colpito JP
Morgan Chase, Ebay, Home Depot. E questi
sono solo alcuni dei casi più eclatanti del
2015. Per l’anno che si sta chiudendo, il 2016,
nell’elenco dei più clamorosi cyber attack di
tutto il mondo (Rapporto Clusit di quest’anno;
nda) troviamo quelli a una primaria compagnia
di assicurazione sanitaria, la Anthem, a cento
istituti di credito di trenta paesi del mondo
vittime di una cyber rapina e nientemeno che
al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che ha
subìto l’aggressione alla propria rete e-mail.
Ma la sicurezza informatica non riguarda solo,
come si è spesso portati a credere, i gruppi
multinazionali che operano nei settori dell’informatica, dell’innovation tecnology, ma anche
le medie e grandi aziende dell‘industria manifatturiera.
Nonostante le dimensioni del fenomeno, la
consapevolezza dei rischi che corrono anche
le imprese metalmeccaniche, tessili, chimiche
del nostro paese è ancora scarsa, quasi inesistente: e questo vale sia per il mondo delle
imprese sia per l’opinione pubblica più in
generale. Ciò che va fatto capire agli imprenditori italiani, come a quelli internazionali, è la
necessità di formare, a tutti i livelli e in tempi
rapidi, una cultura estesa riguardo i rischi che
può colpire il cosiddetto spazio cibernetico.