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CITY LIFE MAGAZINE N.25
sull’organizzazione del
lavoro del Paese rimangono
alcuni ‘cantieri’ aperti su cui
aziende, istituzioni, sindacati
e mondo della ricerca devono
lavorare assieme – rileva
Fiorella Crespi, Direttore
dell’Osservatorio Smart
Working –. Il primo è quello
delle PMI per cui persiste una
barriera culturale, anche se
l’aumento di consapevolezza
fa ben sperare per il futuro.
Il secondo la PA, per cui
l’obiettivo di diffusione di
modelli flessibili introdotto
nella riforma Madia è una
nota positiva, ma non
ancora sufficiente. Il terzo
è la necessità di rendere
i progetti più pervasivi nel
superamento degli orari di
lavoro, nel ripensamento
degli spazi e nella creazione
di sistemi di valutazione per
obiettivi. Il quarto riguarda
la Digital Transformation
che lo Smart Working può
abilitare introducendo nuove
tecnologie in azienda. Infine,
l’estensione ai nuovi profili
dell’Industria 4.0, mestieri oggi
ancora distanti come operai e
manutentori”.
I PROGETTI
DI SMART WORKING
Nella maggior parte delle
organizzazioni di grandi
dimensioni (il 40%), il
progetto di Smart Working
è ancora in fase di crescita
e a fronte di risultati positivi
si sta coinvolgendo una
popolazione maggiore,
mentre solo nel 25% viene
considerata a regime e il 35%
ha una sperimentazione su un
limitato numero di persone.
Il 97% delle organizzazioni
che prevedono di introdurre
in futuro lo Smart Working
sta conducendo un’analisi di
fattibilità. La partecipazione
generalmente non è un
obbligo per i dipendenti: più
della metà delle imprese
(54%) ha definito la possibilità
di candidarsi al progetto
pilota, stabilendo i criteri per
un’eventuale graduatoria.
Lo Smart Working richiede
un’attenzione adeguata da
parte di tutti i componenti
dell’organizzazione: la
funzione HR nella quasi
totalità dei casi interagisce
con la funzione IT, il Facility
Management e il Top
Management.
Per ottenere la massima
efficacia un progetto di
Smart Working dovrebbe
agire su più leve – flessibilità
di luogo, flessibilità di orario,
riorganizzazione degli spazi
e creazione di un sistema di
performance management per
obiettivi –, ma spesso i progetti
nascono da specifici sponsor
aziendali con un’attenzione
su uno specifico elemento e
solo in un secondo momento
si allineano altri aspetti. Il 90%
dei progetti realizzati in Italia
ha introdotto la flessibilità nel
luogo di lavoro, la leva più
diffusa seguita dalla flessibilità
nella gestione dell’orario (73%),
poi il lavoro saltuario in altre
sedi aziendali (54%), il lavoro
saltuario in altri luoghi come
spazi di coworking (51%), la
riprogettazione degli spazi fisici
(40%).
“Un progetto efficace di
Smart Working deve porre
le radici per lo sviluppo di un
nuovo modello organizzativo,
una ‘Smart Organization’
– spiega Mariano Corso –
Perché questo sia possibile
occorre agire su tre elementi:
l’allineamento strategico
rispetto alle priorità strategiche
aziendali e agli obiettivi
delle persone coinvolte,
uno stile di leadership che
preveda coinvolgimento dei
collaboratori nel processo
decisionale e delega ai
collaboratori, comportamenti
delle persone caratterizzati
da proattività e intelligenza
collaborativa”.
I BENEFICI
PER GLI SMART WORKER
I lavoratori che fanno Smart
Working rilevano effetti positivi
nello sviluppo professionale
e nella carriera, nelle
prestazioni lavorative e nel