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hiunque abbia preso in braccio un piccolo
mammifero avrà sentito il suo cuore
pulsare con una frequenza assai elevata,
immaginandolo spaventato per essere finito
preda di un gigante. Ma la vera ragione non
è (solo) la paura. Se quel piccolo mammifero
fosse un topo ragno pigmeo americano, del
peso di 25 grammi, riscontreremmo 1200
battiti al minuto. Per contro una balenottera
azzurra del peso di 190 tonnellate (ossia 7
milioni di volte quello del topo ragno) ha circa
10 battiti al minuto, ossia 120 volte meno.
La biologia ci dà una spiegazione di ciò e,
addirittura, una formula matematica che
correla il battito cardiaco, il metabolismo o
la durata e il ritmo della vita di un organismo
con la sua massa corporea, con una
regolarità impressionante lungo tutta la scala
dimensionale degli esseri viventi.
Ad esempio il metabolismo di un organismo
(ossia la potenza necessaria a sostenerlo)
varia esponenzialmente con la sua massa
M con esponente ¾, con impressionante
regolarità dal topo ragno alla balena. Quindi
il metabolismo per unità di massa decresce
con esponente ¼ all’aumentare della massa
corporea manifestando una vera e propria
economia di scala: gli organismi più grandi
consumano meno energia per unità di tempo
e di massa.
Questa legge empirica (nota come “quarter
power scaling”) trova spiegazione nei principi
generali che governano la dinamica e la
geometria della distribuzione delle reti (ad
esempio il sistema vascolare) negli organismi.
Più volte, nel linguaggio comune,
paragoniamo implicitamente le organizzazioni
umane (città o imprese) ad aggregati biologici
quando ci riferiamo al loro DNA, alla loro
nascita, crescita e morte.
Da circa quindici anni un gruppo sempre più
nutrito di scienziati si è posto la domanda
se ciò rappresentasse solo una metafora,
un espediente retorico, o se si potesse
pervenire, partendo dalla conoscenza
acquisita dei modelli fondamentali che
descrivono la crescita degli organismi
biologici, a una teoria quantitativa e predittiva