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CITY LIFE MAGAZINE N.22
1. “auto-diretti”, nati su iniziativa degli end
user.
2. “etero-diretti”, con un ruolo guida delle
utility.
3. “market driven”, stimolati dalla cooperazione attiva di end user e utility.
La figura 5 riporta i diversi modelli possibili
e il posizionamento di alcuni casi di Energy
Community estere.
Considerazioni sulle barriere alla diffusi one
delle Energy Community in Italia
Gli impatti aggregati delle Energy Community
per l’Italia, come sopra visti, possono essere
significativi, ma possono non essere sufficienti
a spingere autonomamente la loro diffusione.
Ad oggi gli esempi di Energy Community in
Italia sono ancora piuttosto limitati. Una loro
diffusione più ampia è condizionata e vincolata
dalla presenza di alcune “barriere all’ingresso”,
di natura normativa, economica, e “culturale”.
In riferimento al primo aspetto nella normativa italiana è mancata una esplicita menzione
delle Energy Community che hanno afferito
a vario titolo ad un corpus normativo legislativo e regolatorio frammentario, seppur in
costante evoluzione. Le definizioni originarie
hanno lasciato spazi ad interpretazioni15, per
le quali si sono rese necessarie successive
deliberazioni di chiarimenti e disciplina. Le
Energy Community – anche se non in modo
esplicito – rientravano nella classificazione
delle già citate SEU, SESEU, RIU e cooperative elettriche. Esiste un riscontro nel recepimento di direttive europee16, ma permangono
motivi di incertezza e rallentamenti (come
regole spesso troppo generiche ed il proliferare di interpretazioni) che hanno frenato uno
sviluppo aperto delle reti private, e quindi delle
Energy Community.
Permangono anche problemi legati alla sostenibilità finanziaria del sistema: in particolare,
resta aperto il tema degli oneri di sistema.
Vi sono poi elementi che attengono all’incertezza sulle forme giuridiche di aggregazione
delle Energy Community (necessarie per
operare all’interno di uno schema economico e
tecnico certo e sostenibile) e sulla definizione di