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In un contesto urbano in piena trasformazione, complice EXPO
2015, immerso in una evoluzione socio-economica di cui
ancora non si comprendono bene i contorni, nasce il progetto
MI030 targato Boeri-Bolelli. Ci può spiegare di cosa si tratta?
Abbiamo deciso di costruire un progetto su Milano nel 2030, come
potrebbe essere, come ci piacerebbe che fosse. L’abbiamo fatto
perché sentiamo che manca –e che è assolutamente necessariauna visione forte e propositiva dell’evoluzione, del mondo in
mutamento. E abbiamo scelto di affidarla ai protagonisti del futuro,
i giovani che oggi hanno 15-25 anni, perché il loro punto di vista, la
loro percezione, sono decisivi.
Al centro di questo progetto ci sono gli attuali teenager, coloro che
rappresenteranno nel 2030 la nuova classe lavorativa, la linfa sociale alla
base delle famiglie future e delle nuove dinamiche sociali. Che cosa si
aspetta dal coinvolgimento di questi giovani per un progetto così ambizioso?
Innanzitutto vogliamo coinvolgerli, farli sentire
importanti, anche responsabilizzarli. Nessuno lo fa, noi
sì. Non sappiamo cosa aspettarci, e questa è la cosa
più appassionante.
La Diamond Tower di Porta Nuova si è
trasformata in un laboratorio di idee che hanno
preso corpo in immagini e parole. Il preludio di
veri e propri progetti per la città di Milano?
Vorremmo che fosse così e naturalmente vorremmo
che l’emergere di visioni per Milano e in generale per
la nostra esistenza nel futuro prossimo rappresentasse
un primo passo.
La traccia proposta ai “progettisti del futuro” si riassume in 6 temi:
L’Amore, Il Corpo, L’Impresa, La Comunicazione, L’Educazione, La
Città. Mi sembra che vogliate sottolineare che la città non può che
essere la conseguenza di una visione antropologica, del rapporto
di ciascuno con sé stesso e con gli altri. Crede che questo
concetto possa essere ben compreso dai giovani a cui vi rivolgete?
È esattamente così. Non ci interessano soltanto le grandi
visioni sui temi scelti. Ci interessa il coinvolgimento personale,
ci interessa che i giovani sentano che esiste un legame forte e
inscindibile fra la dimensione pubblica e quella privata, fra i temi
al centro del mutamento e i loro sentimenti, le loro passioni.
Perché il mutamento è tecnologico, sociale, comunicativo, e
così via, ma è innanzitutto antropologico, vitale.
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