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CITY LIFE MAGAZINE N.16
inoltre i prezzi nel “libero” non sono sempre
così convenienti, e non lo sono così a
lungo da convincere ad andar “… per l’alto
mare aperto”. Insomma il gioco non vale la
candela.
In questa impasse si evidenzia il nodo
gordiano che – temiamo – possa trovare una
soluzione solo nella recisione: la domanda
cala e si ritira, i costi di sistema permangono
elevati o crescono, e i margini si fanno
inevitabilmente più risicati fino ad annullarsi.
Per ovviare a tale andamento generale si
interviene sulla parte meno sviluppata e
consapevole: il mercato domestico. Supporta
tale interpretazione l’intervento di Bortoni,
presidente dell’AEEGSI che ha chiarito oltre
ogni dubbio: “…Nell’ambito del processo
di completa liberalizzazione è fondamentale
evitare che l’accelerazione della transizione
al mercato libero dei clienti di massa sia
caratterizzata da massicci trasferimenti di
ricchezza dai clienti finali ai venditori del
mercato libero. Questo potrebbe accadere
qualora la rimozione dei sistemi di tutela
avvenisse in modo repentino, consentendo
ai venditori esistenti di innalzare i prezzi
senza che i clienti finali possano reagire
tempestivamente”1.
Si ha dunque il sospetto che la regressione
del regime di maggior tutela sia funzionale
a un analogo ridimensionamento dell’AU
a cui tocchi poi in sorte l’inglobamento
in questa o quell’altra società, seguendo
così quella strategia generale che vuole il
sensibile arretramento e svilimento dello
Stato sociale, al duplice fine di occupare
col Mercato gli spazi di profitto presenti nei
servizi fondamentali che prima erano pubblici
(scuola, sanità, trasporti ecc), diabbassare
poi gli standard dei servizi pubblici superstiti,
ridotti al rango di mera sussistenza, al fine
di screditare la filosofia sociale che ne è alla
base. In questo modo si giustificherebbe
agli occhi della Domanda meno preparata e
meno abituata alla prestazione pubblica, la
sola modalità di mercato, anche nei servizi
1
Rapporto 42/2015 -Monitoraggio Retail, 2012-2013 del 5/2/2015
ARTICOLI
essenziali dell’energia e dell’acqua, beni
primari per eccellenza.
Eppure il Mercato lasciato libero a se stesso
non sembra dare quei mirabolanti risultati di
produzione e allocazione che gli ultraliberisti
di ultima generazione fideisticamente
rivendicano. Prova ne sia la richiesta che
a fine giugno 2014 l’OFGEM, l’Authority
britannica per il settore energetico, ha
inoltrato alla CMA, l’Antitrust, per effettuare
un’indagine completa sulla concorrenza nel
settore energetico nel Regno Unito,a seguito
delle criticità ed anomalie nel funzionamento
competitivo del mercato. La richiesta
apparirebbe inconsueta trattandosi del
mercato europeo che per primo intraprese
la via della liberalizzazione nei primissimi
anni ’90 e che gode di una normativa e di
istituzioni di mercato particolarmente serie e
severe, e di una domanda di utenti esperta e
accorta. Eppure, dai risultati preliminari delle
indagini emerge come il tallone d’Achille sia
proprio il mercato retail, dove alcuni elementi
strutturali e comportamenti degli operatori
determinano effetti negativi sulla concorrenza.
In particolare, i fornitori godono di un potere
di mercato unilaterale nei confronti dei loro
clienti meno attivi, e lo sfruttano con politiche
di prezzo particolari, volte a ottenere un mark
up molto più alto del livello ragionevole.
I consumatori hanno una conoscenza
molto limitata delle offerte sul mercato, e
conseguentemente uno scarso interesse
per il cambio di fornitore. Questa criticità è
dovuta ad alcune caratteristiche fondamentali
del mercato retail, fra cui, in primis, la natura
omogenea di gas ed elettricità che determina
un’impossibilità di differenziare il prod