City Life Magazine 15 | Page 16

16 CITY LIFE MAGAZINE N.15 Attualmente il panorama italiano in materia di limiti di velocità, stabilito dal Codice della strada ed espresso nell’articolo 142, comma 1, è il seguente: sulle autostrade vige il limite di 130 km orari (che diventano 110 in caso di maltempo), è di 110 km orari, invece, sulle strade extraurbane principali (con la riduzione a 90 km orari, sempre in caso di condizioni climatiche sfavorevoli). Sulle strade extraurbane secondarie e locali bisogna attenersi al limite dei 90 km orari mentre in città il limite è fissato a 50 km orari (con alcune eccezioni, espressamente segnalate, in cui consentito spingersi a 70 km all’ora). Fin qui tutto bene, i limiti di velocità sono importanti e, se atti a tutelare la nostra sicurezza quando viaggiamo in auto, un prezioso alleato per tutti. Il problema, però, emerge nel momento in cui vengono imposti in zone dove non sussiste una reale necessità e si inseguono, spesso a distanza ravvicinata, obbligando ad accelerare e decelerare (c’è una sanzione per chi non lo fa, grazie all’ausilio del fin troppo noto autovelox) nello spazio anche di appena 30 metri causando code, rallentamenti e, nei casi peggiori tamponamenti e incidenti. Allora viene da domandarsi – e a ragione – se invece, più che essere volte alla tutela della persona e prevenire incidenti, queste restrizioni non vengano imposte per “fare cassa” o per deresponsabilizzare l’ente preposto per quel tratto stradale sul quale sono posizionati i cartelli. Questo dubbio è alimentato dal contenuto dello stesso articolo 142 che, al comma 2, stabilisce che “gli enti proprietari della strada possono modificare, nel proprio tratto di competenza, i limiti sopracitati segnalandolo con l’ausilio di cartelli” (esatto, altri cartelli). Quindi, appurato che le strade nascono percorribili ad una ve