FEATURES
Figura 3
Si passa infatti da regioni – tipicamente quelle
in via di sviluppo – la cui popolazione spesso
non ha accesso ad acqua sicura, problema
per la cui soluzione occorrerà un notevole
sforzo internazionale per assicurare un efficace
trasferimento di conoscenze, tecnologie e
risorse economiche, a paesi che sfruttano la
risorsa in modo insostenibile e che manifestano
elevate inefficienze nella sua gestione.
In Italia ad esempio a vent’anni dalla legge
Galli il settore idrico presenta ancora tutta una
serie di criticità e frammentazioni, non certo
risolte dal susseguirsi di interventi legislativi
eterogenei e poco coordinati, che non hanno
ancora permesso al settore di assumere quelle
logiche di assetto industriale auspicate ben
due decenni fa. Infatti non solo non siamo
riusciti a definire un assetto ben chiaro di ruoli,
responsabilità e funzioni, ma siamo anche
esposti a ingenti penalità pecuniarie per il
mancato adeguamento a norme stabilite dai
regolamenti europei.
Per non paralre poi del precario stato delle
infrastrutture: le dispersioni continuano a
essere persistenti e gravose, come dimostrano
gli ultimi rilievi dell’ISTAT secondo cui il 37%
dell’acqua che viene immessa in rete non arriva
agli utenti finali.
Non stupisce quindi il giudizio non certo
lusinghiero espresso dal rapporto OCSE del
2013 “Environmental Performance Review”
che analizzando la situazione idrica italiana
sottolinea come “water governance remains
overly complex, largely emergency driven,
and oriented towards short-term problem
solving. To address current strategic and
legal uncertainties, there is an urgent need
to formulate a strategic vision for the water
sector”.
49