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CITY LIFE MAGAZINE N.8
Molto aiuto potrebbe arrivare dall’uso massiccio dell’ITS (Intelligent
Transport Systems), applicati nella gestione del traffico, nella sicurezza
stradale, nell’integrazione fra i diversi mezzi di spostamento (pubblico
o privato, su gomma o su ferro, due o quattro ruote). Tuttavia, in
questo caso, si dovrebbero accumulare e processare moltissimi dati,
necessari per far evolvere il tessuto urbano in chiave Smart City. Se,
come probabile, si seguirà tale strada in considerazione dei costi
più contenuti e del minor impatto operativo, che rischio si corre in
termini di privacy e di sicurezza informatica? Non andiamo – poco
consapevolmente – verso un “campo
concentrazionario” dell’informazione, dove
poche sale operative monitorano e registrano
ogni spostamento di ciascuno di noi?
“Il rischio c’è, ed è crescente al crescere
dell’utilizzo in generale dell’ICT (Information
and Communication Technology), quindi non
solo l’applicazione sul traffico, ma anche, ad
esempio nella raccolta e gestione di rifiuti, per
cui, ipoteticamente, si potrebbe anche risalire
alle scelte di spesa e consumo delle famiglie.
Tuttavia vanno fatte due considerazioni
importantissime: la prima è organizzare,
di pari passo all’impiego della tecnologia
“invasiva”, un sistema normativo e di controlli
dal basso verso l’alto, cioè dell’utente verso
il gestore, di modo che vi sia un controllo
diffuso contro gli eventuali abusi. In altre
parole la tecnologia deve essere “open” e
non concentrata, di modo che il cittadino
non sia mero soggetto passivo. E poi, per la
parte che non può essere ovviata, il rischio lo
si corre e lo si sopporta, in quanto i benefici
che se ne ricavano rispetto all’applicazione
diffusa delle nuove tecnologie sono talmente
tanti che sicuramente il gioco vale la candela.
Basti pensare quanto si guadagna in termini
di tempo – probabilmente la variabile chiave
– che finalmente non sperpereremo più
imbottigliati nel traffico, ma che potremo
rivolgere ad altre attività, peraltro con maggior
resa da un punto di vista lavorativo ed
economico. In un certo qual modo si accetta
una sorta di scambio fra minor privacy, da
una parte, contro una miglior qualità di vita: a
ben vedere non sembra così svantaggioso!”