City Life Magazine 08 | Page 15

FEATURES 15 Cominciamo ad affrontare la questione storicamente più arcigna, ossia la cementificazione “facile”: come mai in Italia si costruisce tanto, spesso malamente, quando la popolazione è cresciuta negli ultimi 50 anni di soli 10 milioni di abitanti? Abbiamo le più belle città del mondo, eppure le abbiamo abbruttite con mega-periferie invivibili, dai palazzoni con qualità energetica-ambientali scadente: perché non riusciamo a riqualificare le città senza consumare nuovo terreno? “Con tutta probabilità la causa prima di un simile exploit dell’edilizia è da ricercarsi nella rendita che il mattone ha sempre offerto, indifferente alle crisi energetiche, economiche o sociali. Per un paese di non grandi mezzi finanziari è stato l’investimento familiare per eccellenza, appena più insicuro dei titoli di Stato. Si pensava: intanto costruisco, ed investo sul sicuro, poi venderò! Peraltro, ha corroborato tale tendenza una fiscalità non particolarmente elevata, facilitando così le grandi costruzioni di periferia. Ragionamento analogo, ma con potenza ben più grande, ha contraddistinto l’abusivismo edilizio che, se ha consentito a molti di avere un tetto sulla testa, ha però devastato le zone costiere e collinari. È poi da ricordare – e si tratta del secondo elemento – che la legislazione in materia è stata poco rigorosa sia in fase progettuale, sia in quella riparatoria: il piano regolatore più che ottimizzare e riqualificare il territorio già impiegato, ha invece legalizzato sistematicamente l’uso di nuove porzioni di spazio e i condoni edilizi – rimedio populista di tanti governi per fare facilmente cassa – hanno fatto il resto. Il risultato complessivo è una cementificazione sfigurante il territorio nazionale, offeso nella sua bellezza e minato nella sicurezza. È di queste settimane la notizia che su 700.000 frane che avvengono in Europa, circa 500.000, più dei due terzi (!), hanno luogo in Italia. È un numero impressionante che dovrebbe metterci tutti in allarme”. Altra tematica “rovente”, su cui il rapporto si concentra a lungo, è quella dei rifiuti, sia in fase di produzione che di gestione. In Europa le città ospitano il 50% della popolazione e producono il 75% dei rifiuti, praticamente cumuli grandi come palazzine, quasi una seconda città. Il primo passo per evitare simili scenari apocalittici è la contrazione nella generazione del rifiuto: ci può spiegare in cosa consiste la prevenzione ecoefficiente? “La prevenzione è fra le priorità delle politiche europee in materia e la normativa vigente che disciplina la gestione dei rifiuti (dir. com. 98/2008) prevede, insieme al piano gestionale vero e proprio, anche un insieme di condotte precauzionali volte a contrarre l’impiego di materia, sin dalla fase di produzione, in modo da ridurre la generazione del rifiuto: se si economizza materiale tanto in fase di assemblaggio che di imballaggio, se ne dovrà poi scartare meno. Inoltre, quello comunque impiegato dovrà sempre più essere destinabile al riuso e quindi suscettibile di ampia riparabilità, seguendo perciò una filosofia opposta a quella del consumismo autoindotto dalla produzione, per il quale scaduti gli anni di garanzia il bene si rompe e va ricomprato. Infine, non vanno dimenticate le politiche di filiera: va ridotta la pratica della monodose pratica tipicissima nel caso delle bibite – facilitando invece quelle del riutilizzo, sempre allo scopo di reimpiegare il contenitore e limitare la sovrapproduzione. Adottando queste e altre pratiche, viene stimolato il consumo consapevole ossia quello che calibra l’acquisto secondo gli effettivi bisogni ed evita gli sprechi. La prevenzione efficiente costituisce la sintesi delle condotte, tanto dal lato Offerta che da quello della Domanda, volte a prevenire l’accumulo del rifiuto attraverso l’ottimizzazione dell’utilizzo del materiale di fabbricazione, pur mantenendo adeguati gli standard di consumo”.